Roma, 30 apr. - "La dichiarata assenza di tagli alla Sanità Pubblica nella manovra approvata dal Governo rischia di essere vanificata dalla riduzione delle risorse destinate alle Regioni e questa, per chi si occupa di tumori, non è una buona notizia". Questo il commento di Gianpiero Fasola, presidente Cipomo, sulla manovra recentemente approvata dal Governo Renzi.
"L'Oncologia- spiega Fasola- sta vivendo una fase di profonda innovazione, farmacologica e organizzativa, guidata dai progressi della ricerca e dall'aumento esponenziale dei pazienti: questo fenomeno richiede di essere seguito con attenzione dalle Istituzioni. Il numero di malati cresce di anno in anno, aumentano le possibilità di cura, e con esse i costi dei nuovi farmaci. Le stime più realistiche per l'anno in corso prevedono un aumento della spesa destinata ai farmaci oncologici compreso tra il 10 e il 20%. Nei mesi scorsi tutti i primari oncologi ospedalieri hanno affrontato con le proprie Direzioni Generali la discussione della scheda di budget per il 2014. Dalle segnalazioni arrivate a Cipomo in molti casi si è usciti dalla negoziazione con un'assegnazione di risorse per i farmaci oncologici insufficiente a far fronte alle esigenze di trattamenti per l'anno in corso. Come ignorare l'innovazione rappresentata dai nuovi farmaci - Pertuzumab, TDM-1, Crizotinib, Ipilimumab, Abiraterone, solo per citarne alcuni - da poco approvati dalle Autorità regolatorie per curare alcuni importanti tumori?".
Per il presidente del Cipomo "è maturo il tempo per una revisione delle modalità di introduzione dei nuovi farmaci e della negoziazione dei costi. Nella letteratura scientifica internazionale è in corso un dibattito che indica alcune strade da percorrere per rendere il processo di autorizzazione di un nuovo farmaco sostenibile dai Sistemi Sanitari: esigere che di ogni nuova molecola approvata sia noto il rapporto incrementale costo efficacia (ICER); stabilire che non possano essere rimborsati trattamenti che abbiano un ICER superiore a una certa cifra per anno di vita guadagnato pesato per qualità (l'Italia può forse permettersi ICER compresi tra 50 e 100.000 euro probabilmente, non però valori molto superiori); definire sulla scia di quanto proposto dall'American Society of Clinical Oncologyquale sia il beneficio clinico ritenuto rilevante e come debbano essere progettati, di conseguenza, gli studi registrativi; rinegoziare il prezzo di farmaci innovativi sul mercato da oltre 5 anni; avviare iniziative sistematiche di audit, con il coinvolgimento delle Società Scientifiche, volte a identificare altri costi evitabili e a diffondere le buone pratiche; intervenire laddove il rapporto tra consumo di alcune molecole ad altro costo e il numero di casi trattati si discosti in modo anomalo dalla media e rivedere, se occorre, la normativa sui conflitti di interesse; favorire la diffusione dell'attività di ricerca delle aziende ospedaliere, facilitando la gestione amministrativa degli studi, inserendo i data manager tra le figure del SSN e incentivando la partecipazione con obiettivi aziendali ad hoc. Questo ridurrebbe la spesa per i nuovi farmaci, accrescendo l'autorevolezza scientifica del Paese".
"Abbiamo da tempo segnalato a diversi livelli istituzionali la prossima insostenibilità del costo delle cure per il cancro", prosegue Fasola. "E' arrivato il momento di adottare scelte coraggiose. Quello che non possiamo accettare è di essere lasciati soli di fronte a vincoli che non possiamo governare".
Fasola ha quindi annunciato che il Cipomo "sta lavorando alacremente per proporre modelli organizzativi orientati all'appropriatezza, al rispetto del paziente e alla sostenibilità economica: contiamo di avere le Istituzioni al nostro fianco.
Solo attraverso questo difficile cammino sarà possibile continuare ad offrire a tutti i pazienti i giusti trattamenti senza mettere a rischio il valore del Servizio Sanitario universalistico che ci caratterizza nel mondo".
(Cds/ Dire)