Roma, 7 apr. - Articolo tratto da "L'Unità". Matteo Renzi è a palazzo Chigi per lavorare alla proposta finale del Def (il Documento di economia e finanza), che sarà varato domani. Il documento assume un valore politico decisivo in quanto conterrà le linee di sviluppo e gli interventi ritenuti necessari per modernizzare il Paese. Le ultime ore di lavoro sono caratterizzate da ipotesi di nuovi tagli e risparmi, che potrebbe suscitare contrasti e proteste.
Ne è consapevole, ad esempio, il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, intervenuto giorni fa a Cernobbio: "Avremo la forza di resistere politica per reggere l'urto della reazione difensiva di larghi settori della pubblica amministrazione e anche dell'opinione pubblica che sono legati alla dimensione della spesa pubblica?". Parole che la dicono lunga sulle difficoltà del governo nell'attuare il piano Cottarelli per reperire quei 10 miliardi su base annua destinati a finanziare la promessa degli 80 euro in più in busta paga per i dipendenti che guadagnano fino a 1.500 euro netti. I tagli sono difficili, e non solo per le lobby in azione.
Quello che Morando non dice è che a pagare lo sconto non saranno solo i 'ricchi' ambasciatori, i 'tutelati' funzionari degli organi costituzionali, Camera e Senato in primis, i dirigenti della Pa (che il viceministro prende particolarmente di mira), o i colonnelli delle forze armate. Qui rischiano di pagare anche semplici cittadini con minori servizi sanitari.
Gran parte dei 5 miliardi che si attendono quest'anno (non i 6,6 che servirebbero per una manovra di 10 miliardi in 10 anni) provengono infatti proprio dalla spesa sanitaria, tanto che la ministra Beatrice Lorenzin e le Regioni sono in allarme. E non solo. Il contributi degli statali scatterebbe a partire dai 70mila euro lori all'anno: non si tratta certo di paperoni.
Spesa pubblica: -32 miliardi Morando però tira dritto. Anzi, rilancia: l'obiettivo è che ci sia "un taglio di 30-32 miliardi che deve arrivare dalla riduzione della spesa pubblica che si può fare in tre anni, a patto che si inizi da adesso". Tanto serve per riportare il cuneo fiscale in linea con quello europeo. Tanto è stato previsto dalla spending review di Cottarelli (anche se quelle somme sono già destinate in parte a copertura del deficit e spese incomprimibili). Il binomio è: Stato leggero, tasse leggere. E la scure calerà come si è detto anche sul fondo sanitario nazionale. Si parla di risparmi molto maggiori di quanto lo stesso Cottarelli avesse previsto con l'introduzione dei costi standard: dai 300 milioni iniziali previsti per quest'anno si partirebbe subito da quota 2,5 miliardi di cui almeno un miliardo dal fondo sanitario e il resto da altre voci, come la spesa farmaceutica. Una rasoiata che si aggiunge ai tagli già varati in questi anni, che arrivano a 25 miliardi di minori spese.
Ma la cosa più preoccupante è che il prelievo sarebbe fissato ope legis, senza alcuna 'concertazione', cioè prima che la conferenza Stato Regioni abbia riaperto il tavolo sui livelli essenziali di assistenza. In altre parole, tagli lineari. Gli stessi che aveva provato a fare Enrico Letta per avviare un taglio del cuneo più sostanzioso. L'ex premier fu fermato nelle ultime 48 ore dall'opposizione della ministra. E si giocò la poltrona. Oggi siamo tornati a quel punto: 48 ore per decidere tutto. Lorenzin ha già mandato inviato messaggi inequivocabili. "No ai tagli con l'accetta. Non sono d'accordo con Cottarelli, non sono in linea per lo meno sul metodo. La sanità non può sopportare altri tagli, men che meno lineari", ha dichiarato. Chiaro che la ministra non ne vuole sapere di nuovi sacrifici, da aggiungere a quelli già attesi dalla prima versione del piano Cottarelli: 300 milioni quest'anno, 800 milioni nel 2015 e 2,4 miliardi nel 2016. In più per il suo dicastero e per le Regioni titolari della spesa sanitaria, qualsiasi risparmio dovrebbe essere reinvestito nel comparto, non certo andare a coprire sconti Irpef.
Ma per il governo la coperta è corta. "Speriamo che il governo smentisca gli ulteriori tagli alla sanità, per 4 miliardi all'anno, per coprire la riduzione dell'Irpef" commenta Stefano Fassina del Pd. "Così- aggiunge- sarebbe una beffa e un danno. Sarebbe quasi una partita di giro per quanti beneficiano della minore Irpef: più soldi in busta paga, più spese per i servizi sanitari e le medicine". Trovati per ora 5 miliardi. Finora non si sono trovati più di 5 miliardi, e Pier Carlo Padoan resta inflessibile sulle coperture da tagli di spesa. Niente misure spot. Lo stesso Morando conferma la rigidità del ministero. Per lo sconto Irpef, "ciò che conta- dichiara- è che il passaggio non venga percepito come un intervento spot legato a vicende elettorali". Secondo il Sole 24Ore il taglio da 1 miliardo allo studio dei tecnici del Mef, farebbe scendere il Fondo sanitario a 112,452 miliardi tutto compreso, quello per il 2015 a 116,563, se non meno. Con un effetto scivolamento che potrebbe valere anche per il 2017 (sulla carta 122 miliardi). Per il comparto non è poco, considerando che medici e manager delle Asl contribuirebbero anche con il taglio delle retribuzioni previsto per i dirigenti della Pa. Dai pubblici si attendono 700 milioni di risparmio, dalla Difesa 500, 7-800 dalla spesa per beni e servizi. Così si arriva a 4,5 miliardi quest'anno: manca l'ultimo miglio da costruire nelle prossime 48 ore.
(Cds/ Dire)