Roma, 22 nov. - Organi meccanici, perfettamente autosufficienti, capaci di sostituire il muscolo che non funziona piu'. E restare nel petto per anni. L'Italia e' senza cuori da trapiantare. E questa e' una buona notizia, perche' significa che il numero dei giovani che muoiono quando sono in salute negli ultimi anni e' crollato.
Sono loro, infatti, che hanno regalato i loro organi ai malati. E, se fortunatamente ne muoiono di meno, ci sono meno cuori a disposizione dei chirurghi: nel 2007 sono stati fatti 311 trapianti cardiaci, nel 2010 il numero era sceso a 273, nel 2012 a 231 e quest'anno, per ora, e' fermo a soli 102.
Cosi' la buona notizia si trasforma in una sorta di condanna a morte per tutti coloro che hanno un muscolo cardiaco che non funziona di piu', e un dramma per i cardiologi, che di anno in anno vedono aumentare il numero di pazienti ai quali hanno poche soluzioni da offrire.
È quanto accade in tutti i paesi dove le norme sulla sicurezza stradale hanno reso i decessi tra i giovani sempre meno frequenti, e dove l'allungamento dell'eta' media ingrossa le liste d'attesa. Ma l'emergenza ha spinto i ricercatori a tirare le fila di studi che andavano avanti da decenni, e oggi sono in dirittura d'arrivo diverse alternative tecnologiche. Vediamole.
Battiti parigini. Partira' a giorni in quattro paesi la sperimentazione di un cuore artificiale immaginato dagli scienziati francesi. A concepirlo per la prima volta fu un chirurgo che ha scritto la storia della cardiochirurgia mondiale: Alain Carpentier, inventore di molti interventi che hanno cambiato il destino di milioni di persone. Carpentier ha sempre avuto un sogno: realizzare un cuore artificiale del tutto autosufficiente, che potesse sostituire quello malato una volta e per sempre, e ci ha lavorato per una ventina d'anni, trovando nel tempo la partnership di Eads, il colosso dell'aeronautica francese che costruisce gli Airbus, oltre a corposi finanziamenti pubblici dell'ordine di decine di milioni di euro che gli hanno consentito di mettere al lavoro decine di bioingegneri.
Cosi' oggi, quella che poteva sembrare una velleita' da star della medicina, potrebbe diventare realta': a giorni le sperimentazioni del primo cuore artificiale totale partiranno in Polonia, Belgio, Arabia Saudita(dove a guidare l'e'quipe nell'Ospedale della casa reale c'e' l'italiano Antonio Calafiore) e Slovenia, e probabilmente presto anche in Francia, dove il via libera e' arrivato per ultimo, alla fine di settembre, e dove ci sono tre centri con personale gia' formato per iniziare gli studi sull'uomo.
Quello d'oltralpe non e' solo un cuore basato su una concezione diversa rispetto a quelli esistenti dal punto di vista biomeccanico e tecnologico, ma e' un dispositivo che ha l'ambizione di superare molti dei limiti dei concorrenti attuali. Spiega Marcello Conviti, amministratore delegato italiano di Carmat, l'azienda nata per sviluppare il progetto (dove Car sta per Carpentier): 'Il cuore artificiale totale sfrutta cio' che la tecnologia oggi ci offre, e cioe' i sensori, la miniaturizzazione, il software e i biomateriali'. A differenza degli altri organi artificiali in uso, che sono piccole pompe centrifughe e quindi possono dare solo un flusso continuo di sangue che arriva al massimo a 4-5 litri al minuto, quello di Carpentier e' un dispositivo che riproduce la pulsatilita' dell'organo naturale e quindi assicura una vera e propria circolazione con i movimenti ritmici del cuore, e con una portata che va da 2 a 9 litri al minuto, a seconda della situazione del paziente. I sensori riescono a distinguere tra le diverse attivita', per esempio capiscono quando il paziente dorme e quando cammina, e in base alle informazioni ottenute regolano l'attivita' pulsatile, assicurando un effetto molto simile a quello naturale.
Il cuore Carmat, inoltre, e' nato per superare un altro dei limiti piu' gravi degli altri dispositivi: la formazione dei trombi. 'Le pompe normali- spiega ancora Conviti- hanno delle parti che, una volta inserite nell'organismo, stimolano la formazione di trombi e di tessuto cicatriziale, fibroso, costringendo il malato ad assumere tutta la vita una terapia fibrinolitica, con tutto cio' che questo comporta, soprattutto in una persona non piu' giovane e nel tempo deve affrontare altre terapie'.
'Noi- prosegue- abbiamo pensato di risolvere il problema utilizzando tessuto bovino ingegnerizzato, gia' sperimentato da anni per le valvole cardiache e dimostratosi nel tempo il migliore, in tutte le parti a contatto con i fluidi biologici: in questo modo limitiamo il fenomeno fino a farlo quasi scomparire e, con esso, la necessita' di assumere anticoagulanti'.
Per tenere in vita e far funzionare lo strumento, che viene attaccato alla parete degli atri (le camere superiori del cuore) dopo aver portato via i ventricoli (le parti inferiori) che non funzionano piu', si impiega una batteria posta all'esterno, cosi' come accade per le pompe tradizionali. I primi 4-6 pazienti dovrebbero essere operati nelle prossime settimane per verificare la sicurezza del dispositivo, e se tutto andra' come si augurano Conviti, i suoi ingegneri e i cardiologi coinvolti, il cuore artificiale totale potrebbe davvero avvicinarsi alla clinica. I costi per ora sono molto elevati: non meno di 200 mila euro solo per l'apparecchio, cioe' di un costo che in tempi di crisi potrebbe compromettere pesantemente le speranze di grande diffusione mondiale del Carmat.
Secondo gli scettici, inoltre, tutto il progetto e' ad alto rischio di fallimento: il cuore francese e' troppo sofisticato, prevede troppe parti elettroniche che potrebbero rompersi in qualsiasi momento, causando la morte del paziente. È insomma troppo vulnerabile. Questo il lato debole della tecnologia. La quale, oltretutto, si baserebbe su un'idea non nuova e per certi aspetti superata: quella di cercare di riprodurre in tutto e per tutto un cuore umano, cioe' una delle macchine biologiche piu' complicate e stupefacenti dell'organismo, difficilmente eguagliabile da un dispositivo elettromeccanico, per quanto sofisticato.
Piccole macchine crescono. In attesa dei risultati della sperimentazione di Carmat, comunque, aumentano nel mondo le persone che riescono a vivere con una buona qualita' di vita per diversi anni grazie agli altri dispositivi, che si basano tutti, pur con qualche variante, su un principio completamente diverso: quello di selezionare e riprodurre solo le funzioni fondamentali del cuore, cercando di evitare il piu' possibile tutto cio' che si puo' rompere o alterare cioe', essenzialmente le parti elettroniche, e di ottenere piccole macchine relativamente semplici ma funzionali e resistenti.
Massimo Massetti e' uno dei massimi esperti mondiali di questi cuori: ha imparato a metterli lavorando per vent'anni in Francia, a Caen, dove c'e' uno dei centri piu' avanzati del mondo nel settore. Da qualche mese e' tornato in Italia, al Policlinico Gemelli di Roma, dove dirige il dipartimento di cardiochirurgia, e da dove si sposta spesso per aiutare le altre e'quipe chirurgiche dei centri cardiologici a realizzare questi interventi.
'Le pompe che inseriamo oggi- spiega Massetti- sono straordinariamente piu' avanzate rispetto a quelle del passato: sono piu' piccole, piu' efficienti, piu' leggere e durano almeno 7-8 anni, al contrario di quelle di prima generazione che venivano utilizzate solo per poche decine di giorni, in attesa del trapianto'.
Le nuove pompe lavorano sfruttando campi magnetici grazie a una pila esterna e assicurano al malato un cambiamento radicale della qualita' di vita: con questi cuori puo' fare una vita normale. Hanno inoltre diverse velocita' e, quindi, una certa capacita' di regolazione. Restano, per ora, indubbi limiti come quello della formazione dei trombi, quello dei danni al sangue, costretto a passare e ripassare milioni di volte attraverso una pompa, quello dell'usura e, anche qui, quello del costo (solo la protesi costa circa 100 mila euro), ma in attesa di soluzioni migliori costituiscono una valida alternativa per le centinaia di persone per le quali non c'e' un cuore da trapiantare (in Italia circa 800 solo nel 2013).
Oggi nel nostro Paese gia' piu' di cento persone vivono con uno di questi cuori, e in alcuni casi si tratta di successi straordinari, come quello di uno dei primi pazienti operati da Massetti, un uomo che ha ricevuto il cuore meccanico nel 2005 e che e' ancora in buona salute. Ma e' comunque evidente che e' necessario andare avanti, per giungere a soluzioni definitive. Il cardiochirurgo confida nella sinergia tra i dispositivi meccanici e le terapie biologiche, le cui potenzialita' lui stesso, come altri, sta esplorando.
Spiega infatti: 'In tutto il mondo si stanno studiando cuori biologici costruiti ex novo, partendo da uno scheletro di un materiale biocompatibile cui vengono aggiunti diversi tipi di cellule. Questo approccio ricorda quello del Carmat, perche' tende a riprodurre in vitro tutta la complessa anatomia del muscolo cardiaco. Puo' darsi che abbia successo, ma serviranno ancora diversi anni prima che tutto cio' diventi una realta' clinica, perche' ricostruire una struttura tridimensionale che assolva a tutte le funzioni di un cuore umano attraverso molti tipi di cellule e' un'impresa veramente ardua e a oggi lontana dall'essere raggiunta'.
'Un'idea piu' concreta- prosegue- e' invece quella della medicina rigenerativa, che punta a riparare il cuore danneggiato fino a farlo tornare in buona salute. Nel futuro piu' prossimo, la soluzione per molti di coloro che hanno bisogno di un cuore nuovo potrebbe essere l'integrazione tra le pompe, che saranno presumibilmente sempre piu' efficienti, sicure e ad alta prestazione, e la rigenerazione del tessuto cardiaco danneggiato per esempio da un infarto o da un'insufficienza. Ai pazienti verra' cioe' messa una pompa e poco dopo, o contemporaneamente, verra' iniziata una terapia rigenerativa, che permetta al suo cuore di ripararsi e di tornare a funzionare normalmente. Nel frattempo aspettiamo tutti di vedere che risultati dara' il cuore Carmat'.
(Cds/ Dire)