Roma, 21 nov. - Una recente inchiesta svolta nell'ambito del Sistema Sanitario britannico ha rivelato un problema: le cattive maniere degli operatori. Le lamentele riguardano per il 49% i medici, per il 29% le infermiere, per il 6% gli amministrativi e per il 2% le ostetriche. Il dato pero' piu' drammatico e spesso misconosciuto e' che, dietro quest'apparente carenza di comprensione ed umanita' verso i pazienti, si cela un disagio cosi' profondo e devastante di cui neanche lo stesso medico o infermiere e' consapevole, la sindrome del Burnout.
La sindrome di Burnout, letteralmente 'spegnersi' o meglio 'bruciarsi', descritta da Maslach negli anni '70, si contorna come un insieme di sintomi che attestano l'evenienza di una malattia comportamentale a carico di quelle professioni, cosiddette dell'aiuto, in cui e' rilevante l'implicazione relazionale. Professioni dell'aiuto sono quelle in cui si impiegano non solo competenze tecnico-scientifiche ma anche capacita' sociali e psichiche per soddisfare i bisogni del paziente.
Come si manifesta la sindrome del Burnout? I sintomi si possono raccogliere in tre grandi categorie e possono combinarsi o succedersi. Comportamento che testimonia un impoverimento relazionale con il lavoro: insoddisfazione, frustrazione, irrigidimento nel rapporto con il paziente. Comportamenti distruttivi verso se' stessi: disturbi psicosomatici, distrazione, incapacita' di concentrazione. Eventi distruttivi verso i pazienti: negazione degli altri, indifferenza, aggressivita', inaridimento del rapporto.
Questo spegnimento emozionale secondo taluni autori (Contessa-1982) toccherebbe cinque stadi: 1)crisi dell'entusiasmo: l'idealismo che anima la professione e' minato dagli insuccessi terapeutici, dal mancato riconoscimento delle proprie capacita'; 2)fase della stagnazione: il medico lavora ma in modo 'bloccato', sente che la sua carriera non potra' progredire e quindi non ritiene piu' necessari gli sforzi per migliorare se' stesso e l'assistenza al paziente; 3)fase della frustrazione: il senso di impotenza prevale, il medico ritiene inutili gli sforzi fatti per curare il paziente, si chiude in se' stesso; 4)fase dell'apatia: sorta di 'morte professionale'. Il soggetto sperimenta la completa assenza di risposte emotive e di spinte emozionali. Insorgono i disturbi d'ansia e dell'umore; 5)fase dell'intervento: il soggetto per risollevarsi deve necessariamente compiere un cambiamento delle condizioni lavorative e dell'elaborazione delle esperienze. Questo progressivo esaurimento emozionale, aggravato dalla colpevolizzazione verso se stessi fino all'indifferenza, si conclude in depressione e disperazione esistenziale.
In questa inesorabile 'discesa verso l'inferno' diventano compagni di viaggio del medico: tabacco, alcool e psicofarmaci. Come e' possibile l'instaurarsi del Burnout ? Per spiegare tale evento ci sono dei presupposti sulle professioni di aiuto che vanno necessariamente rivisti. Bisogna innanzitutto smitizzare la leggenda che fa pensare che i professionisti della sanita' svolgano la loro opera perche' missionari, e quindi qualsiasi retribuzione sia comunque eccessiva o non dovuta, come a dire che la professione di aiuto non sia un vero e proprio lavoro e che come tale non vada pagato.
Questo varrebbe tanto piu' se considerato che la salvaguardia e la cura siano il bene piu' prezioso per l'uomo e che si tratta di una specie di azione solidale dovuta con dedizione totale ed assoluta senza limiti di tempo e spazio. Ma allora se paragoniamo la vocazione del medico al talento di un giocatore di calcio, perche' quest'ultimo guadagna in pochi anni quanto un medico non guadagna in dieci vite? Altro mito da demonizzare e' che la professione dell'aiuto vada inserita assolutamente in regole e schemi rigidi e prefissati dalle gestioni amministrative. Ma ormai in tutta Italia risuonano le campane a morto della gestione amministrativa della Sanita'; ormai e' acclarato che la sanita' puo' essere gestita da Direttori Generali ed amministrativi anche che non ne sappiano nulla di Sanita'. Ma perche' i medici 'si bruciano'? Perche' sono oberati di lavoro soprattutto burocratico, non supportati da aziende sanitarie, istituzioni, politica e sindacati. I politici, anzi i politicanti, millantano una sanita' ideale ma lasciano i medici soli in prima linea, costringendoli a giustificare e parare le inadempienze e le disfunzioni arrecate al Sistema Sanitario nazionale dalla devastante politica dei tagli lineari. Il rapporto sempre piu' difficile con i pazienti e lo svilimento della relazione empatica tra medico e paziente stesso spiegano la gran parte delle denunce verso i medici.
Tali procedimenti penali lunghi e costosi, che vedono alla fine l'80% dei medici denunciati e successivamente assolti, peggiorano in maniera drammatica la qualita' della vita professionale ed extra professionale del medico, ma nessuno sembra accorgersi e preoccuparsi di cio'. Necessita inoltre sottolineare che questa esplosione di rivalse medico-legali portano inevitabilmente alla cosiddetta 'medicina difensiva' ove il medico piu' attento al risvolto legale che a quello clinico prescrive esami e terapie non per loro effettiva efficacia ma esclusivamente per porsi al riparo da eventuali successivi contenziosi legali.
Si innesca cosi' un circolo vizioso il cui disagio occupazionale, stress e burnout sono fonte di peggioramento della qualita' del servizio e della medicina difensiva con conseguente aumento delle denunce e tale circolo vizioso risulta cosi' pericoloso e costoso sia per operatori che per l'utente.
Qualsiasi organizzazione si assicura e valuta la propria buona salute solo attraverso un'attenta e permanente ricerca su se stessa, ma oggi a chi interessa la salute ed il benessere dei medici italiani? Sicuramente non ai politici e ne' ai direttori generali, ma con tali presupposti appare quanto mai urgente una risposta ed una assistenza a questi medici 'bruciati' ed abbandonati dalle istituzioni nelle trincee come i poveri fanti della I Guerra Mondiale.
Sempre che si ritenga ancora che la salute dell'uomo abbia un valore e non sia solo fonte di voti. Quindi prima di considerare sgarbata e priva di umanita' la classe medica, il giudizio dovrebbe valutare il vissuto umano ed emozionale dell''uomo medico'.
(Cds/ Dire)