(RED.SOC.) Roma, 13 nov. - Una valutazione per l'80 per cento positiva del proprio stato di salute, un rapporto di fiducia coi propri medici, un buon rapporto con i genitori, ma molta insofferenza verso le terapie e la loro invasivita', nonche' imbarazzo nel doverle assumere in pubblico. Questi i principali risultati, presentati lunedi' a Milano, della ricerca su come i malati vivono la fibrosi cistica nella difficile eta' adolescenziale. Lo studio, commissionato dall'azienda Abbott, e' stato realizzato dalla DoxaPharma, con il patrocinio delle associazioni Lifc (Lega italiana fibrosi cistica) e Sifc (Societa' italiana fibrosi cistica).
Per la prima volta sono stati utilizzati dei laboratori interattivi che hanno posto al centro della ricerca l'adolescente, chiamati L.in.f.a. (Laboratorio interattivo sulla fibrosi cistica nell'adolescenza). La ricerca ha visto il coinvolgimento di 17 centri per la fibrosi cistica per un totale di 168 ragazzi (52% femmine, 48% maschi) e 225 genitori (59% madri, 41% padri) e' stata realizzata attraverso un questionario strutturato di autovalutazione e un diario digitale (scrapbook ) uno spazio libero in cui i ragazzi hanno potuto rappresentare la loro malattia con parole e immagini.
"Il cambiamento nella terapia della fibrosi cistica che si e' avuto a partire dall'inizio degli anni '80- dichiara Carla Colombo, direttore del Centro di Riferimento per la Fibrosi Cistica della Regione Lombardia- ha sicuramente garantito una maggiore aspettativa e una migliore qualita' di vita ai pazienti con FC di tutte le eta', quindi anche agli adolescenti.
Antibiotici piu' mirati, enzimi pancreatici gastro-protetti e tecniche di fisioterapia piu' attive associate ad incremento dell'attivita' fisica hanno fatto si che le persone con FC di tutte le eta' - e dunque anche gli adolescenti - stiano meglio di 40 anni fa. Certamente ci sono molte aspettative in tutti i paesi per terapie effettivamente mirate al controllo del difetto di base, ma il programma di cure standard - adeguatamente personalizzato - resta ancora la risorsa piu' potente e quella che ha fatto si che quantita' e qualita' di vita siano tanto migliorate".
"Il lavoro quotidiano nei Centri- prosegue Colombo- e' proprio quello di sostenere le famiglie nel passare ai figli la capacita' di avere cura di se', e di aiutare gli adolescenti ad attraversare il piu' serenamente possibile questa fase della vita".
L'80% dei ragazzi intervistati, cosi' come il 73% dei loro genitori, danno una valutazione piuttosto positiva dello stato di salute complessivo proprio e dei propri figli; raramente il paziente riferisce forti limitazioni fisiche dovute alla malattia anche sotto il profilo emotivo. I ragazzi intervistati tendono a restituire un vissuto di normalita' nelle relazioni con gli altri, anche se circa 1 paziente su 3 dichiara di sentirsi differente dalle altre persone della propria eta' e 1 su 4 talvolta incompreso dai propri coetanei; spesso la propria diversita' e' accentuata dalla necessita' di assumere la terapia in pubblico, motivo di imbarazzo e vergogna per piu' della meta' degli intervistati.
"L'aderenza alla terapia- spiega Vincenzina Lucidi, responsabile del Centro FC dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' di Roma- e' messa in 'crisi', infatti, quando l'adolescente, gia' vulnerabile nelle relazioni con gli altri, si percepisce diverso. Inoltre, trattamenti farmacologici, fisioterapia respiratoria, regime nutrizionale controllato con enzimi pancreatici per migliorare l'assorbimento dei principi nutritivi e l'attivita' fisica mettono il ragazzo di fronte a un carico terapeutico di oltre due ore al giorno d'impegno, fattore che non possiamo trascurare Questo provoca spesso scarsa aderenza alle cure con un maggior rischio di complicanze e nelle ragazze bisognose di confrontarsi con stereotipi sociali (vedi la pancia piatta), un'alimentazione non adeguata e la mancata assunzione degli enzimi pancreatici sono responsabili della progressione della malattia".
Dalla ricerca L.IN.F.A. emerge inoltre che la terapia e' invadente per quasi la meta' dei ragazzi in termini di tempo (46%) e comunque imbarazzante da fare in pubblico (51%); inoltre interferisce con le cose che i giovani devono fare nella quotidianita' (38%). Un 13% degli adolescenti riferisce di sentirsi triste e depresso (sempre e quasi sempre). Ma come si puo' allora raggiungere il giusto compromesso tra vita quotidiana e terapia? La costruzione dell'autostima, l'alleanza con i genitori, e un rapporto di condivisione e fiducia col proprio medico sono i tre pilastri fondamentali. (www.redattoresociale.it) (Cds/ Dire)