dire scarsa esperienza sul campo e quindi piu' facilita' nell'inciampare in errori. Basti pensare che ci sono nosocomi con 15-20 posti letto utilizzati anche meno di 3 giorni su 10. Per non parlare del personale. Se si mette a confronto il tasso di utilizzo reale dei pochi posti a disposizione e il numero di chi ci lavora, si scopre che intorno a un letto in media si affaccendano sette, otto tra medici e infermieri.
Un inno allo sperpero che e' tutto nell'elenco stilato dal ministero della Salute, dove assicurano che la parola fine agli ospedaletti dello spreco verra' apposta in via definitiva dal Patto per la salute, che il ministro Lorenzin vorrebbe siglare con le Regioni prima di Natale, per poi inviarlo in Gazzetta sotto forma di decreto. La lista in realta' sarebbe di 222 mini-nosocomi con meno di 120 posti letto, ma tra questi andranno salvati: i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, che in realta' ospedali non sono; gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, perche' fanno ricerca; i centri per post acuti, che servono per chi dopo un ricovero non e' in grado di tornare a casa ma ha bisogno di cure meno intensive. Alla fine si arriva alla lista di 175 ospedaletti (per un totale di oltre 12 mila posti letto), tra i quali figurano anche alcuni collocati in zone disagiate. Isole o montagne. Dove pero', dicono i tecnici del ministero, e' piu' economico e sicuro mettere un servizio di soccorso in eliporto che tenere su un intero ospedale.
Peccato che pero' ogni qual volta si prova a chiuderne uno e' tutto un alzare barricate. Con in testa sindaci e qualche volta parroci(à). Sulla loro chiusura i camici bianchi si dividono. "Nelle zone disagiate vanno mantenuti dei presidi sanitari, magari non ospedali veri e propri ma servizi con caratteriste utili a quella popolazione si'", e' il parere di Costantino Troise, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao. Che e' pero' favorevole alla riconversione dei mini ospedali vicino ai grandi nosocomi. "Gli ospedaletti rappresentano un pericolo per i cittadini e persino per chi ci lavora, perche' non hanno specialisti, strumentazioni e casistica sufficienti ad operare in sicurezza", taglia invece corto Massimo Cozza, segretario nazionale della Cgil medici. "Se si viene ricoverati per un problema serio- spiega- si rischia di dover essere trasferiti in un altro ospedale, con una dilatazione dei tempi di intervento a volte decisiva per la stessa vita". "Pero'- conclude- attenzione alla deospedalizzazione selvaggia perche' le chiusure devono essere accompagnate dal contestuale potenziamento dei servizi territoriali".
(Cds/ Dire)