Roma, 5 dic. - Quello che colpisce di piu' e' l'odore. Un fetore penetrante, a cui non ci si abitua. Le corsie del pronto soccorso del San Camillo sono un dormitorio di barelle. I fili delle flebo scendono dalle pareti, dietro le porte. Siamo nel reparto d'urgenza di uno dei piu' grandi ospedali di Roma. Il corridoio che porta all'accesso dei 'codici verdi', i malati meno gravi, e' occupato sui due lati dalle lettighe dei pazienti.
Rimane una striscia di pavimento nel mezzo, dove passano medici e infermieri. Corpi sdraiati e sguardi cupi, assenti. Sulla sinistra c'e' un anziano con una camicia a quadri grigia, i pantaloni abbassati mostrano il pannolone e scoprono parte delle natiche. Un uomo piu' giovane e' in piedi, con la flebo attaccata al braccio, non sa dove appoggiarsi. All'esterno, di fronte all'ingresso del pronto soccorso, ci sono quattro ambulanze ferme. Le barelle sono rimaste dentro, insieme ai pazienti. Le auto non possono ripartire. Non e' un'emergenza, e' la quotidianita'. Il grido di dolore dei medici e' lo stesso, da piu' di due anni, quando la sofferenza e' aumentata e hanno cominciato a circolare le foto dello scandalo, con i pazienti curati per terra, stesi su un materasso.
Ogni tanto si fa 'pulizia', ma dura poco. Il tempo di una visita ufficiale o di far calare l'attenzione dei giornali. Ma dentro lo scenario, con rare eccezioni, e' sempre lo stesso. Al 'Fatto Quotidiano' e' arrivata la lettera struggente di un medico del pronto soccorso del San Camillo, che chiede di rimanere anonimo: "Abbiamo gridato il nostro inferno in tutti i modi, chiedendo aiuto a tutti, dalla magistratura, alla regione ai nostri vertici aziendali. Nulla!". Nel reparto si va avanti cosi': "Il 3 dicembre erano ancora da ricoverare pazienti del giorno 25 novembre. Si puo' avere anche solo un'idea di cosa significhi restare su una barella per 9 giorni consecutivi?". Il medico racconta episodi raccapriccianti: "Arrivano degli anziani che alla prima visita sono ancora capaci di esercitare la loro dignita' e si spogliano con pudore; dopo 2 giorni nei nostri stanzoni hanno perso qualsiasi rispetto della persona, si lasciano pulire e visitare davanti al vicino, magari di sesso opposto, negli occhi rassegnazione e disperazione. L'altro giorno in sala emergenza ho visto un'infermiera passare direttamente dal massaggio cardiaco su un paziente, a imboccare un altro paziente anziano che era li' da tre giorni". Lo stesso medico, incontrato fuori dal reparto, continua il suo sfogo: "Siamo sotto organico. Abbiamo turni massacranti. Dobbiamo sbrigare, allo stesso tempo, il nostro lavoro di pronto soccorso e anche quello dell'ospedale, dove non possiamo far ricoverare i pazienti perche' non ci sono posti letto. In un ambiente terrificante, soprattutto a livello emotivo. A fianco a me, per fortuna, ci sono colleghi con professionalita' straordinarie, che tengono in piedi un sistema sul punto di crollare".
Sandro Petrolati e' un cardiologo del San Camillo e un dirigente dell'Anaoo, sindacato dei medici dirigenti. "A partire dal 2008- spiega- in questo ospedale c'e' stato un crollo dei posti letto. Se ne sono persi circa 400. La conseguenza e' questo sovraffollamento selvaggio. È lo stesso in tutti i grandi nosocomi pubblici di Roma: non possiamo trovare ospitalita' ai pazienti al Pertini o al San Giovanni, perche' i loro pronto soccorso sono nelle nostre stesse condizioni".
La sanita' laziale continua a essere commissariata, la spesa e' abnorme e i tagli una minaccia incessante. Com'e' possibile che le strutture versino in queste condizioni? "Il denaro pubblico finisce altrove, si nasconde in mille rivoli. In questo ospedale, per esempio, nonostante i tagli sul personale e sui posti letto, si spende la stessa cifra di prima, se non di piu'. Evidentemente qualcosa non va".
(Cds/ Dire)