(DIRE) Roma, 4 dic. - "Caro Ministro Lorenzin, cosi' si ammazza la prevenzione del rischio". Esordisce cosi' la lettera che la Cimo Asmd ha inviato al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per mettere sotto accusa gli atteggiamenti di alcuni ispettori del ministero inviati a compiere verifiche in caso di evento avverso in una struttura sanitaria.
"Sono occorsi anni per cercare di far comprendere come in sanita' sia necessario prevenire piuttosto che assistere indifferenti al perpetuarsi di situazioni in grado di procurare eventi avversi. Con un colpevole ritardo rispetto ai paesi piu' evoluti, negli ultimi anni a macchia di leopardo hanno cominciato a svilupparsi esperienze regionali che in linea con le indicazioni nazionali hanno creato unita' di gestione del rischio che hanno contribuito a sviluppare una mentalita' di approccio collaborativo da parte dei medici e degli altri operatori della sanita'", spiega la Cimo, che di seguito pero' sottolinea che, "come troppo spesso accade, in Italia non si e' sentita la necessita' di adeguare comportamenti e normative arcaiche che consentissero una concreta attivita' di prevenzioni degli eventi avversi".
Il riferimento e' a due eventi avversi accaduti nell'ASL 9 di Grosseto (25 agosto 2013), per verificare i quali e' stata inviata una commissione ministeriale incaricata di effettuare un'indagine conoscitiva di verifica sull'appropriatezza e la corretta gestione delle procedure cliniche. "Non certo per sostituirsi alle indagini che la magistratura aveva gia' avviato", spiega la Cimo. Che riferisce come "per questo motivo l'Azienda sanitaria ha invitato tutti i professionisti coinvolti nella vicenda, alla massima collaborazione".
"I colleghi- sottolinea ancora la Cimo nella lettera al ministro- si sono resi immediatamente disponibili pur essendo gia' stati raggiunti da avvisi di garanzia; hanno risposto agli ispettori ministeriali in una logica di collaborazione e trasparenza tesa all'identificazione di eventuali procedure, protocolli, linee guida che potevano aver contribuito ai due eventi avversi, non certo in una logica di difesa processuale con l'intervento di avvocati e periti che avrebbe ostacolato l'obiettivo dell'indagine".
Tuttavia, accusa la Cimo, i risultati dell'indagine invece di essere trasmessi all'ASL ed alla Regione Toscana sono stati comunicati alla magistratura e diffusi dai media nazionali, "anticipando sentenze che competono solo ai tribunali". Di fatto "i medici interessati si sono visti additati come colpevoli dalla pubblica opinione e le dichiarazioni rilasciate con scopo collaborativo saranno usate contro di loro".
Questo, secondo la Cimo, "non sarebbe mai potuto accadere in Paesi, dove l'interesse della collettivita' e' prevalente; laddove non persistono norme arcaiche da regime poliziesco quali l'obbligatorieta' dell'azione penale e dove la prevenzione del rischio clinico e degli eventi avversi e' considerata un bene da tutelare si prevede esplicitamente che quanto dichiarato a questi fini non puo' essere reso pubblico; ne' tantomeno utilizzato nei processi. Questo senza impedire ne' intralciare l'azione dei PM tesa a ricercare eventuali colpevoli con tutti gli strumenti che ha a disposizione".
La Cimo si appella allora al ministro della Salute affinche' si realizzi "subito un intervento legislativo che corregga questa grave anomalia italiana, altrimenti la prevenzione del ripetersi di eventi dannosi per la salute dei cittadini diventera' impossibile da gestire".
Intanto, avverte la Cimo Asmd, "ci faremo carico di informare i propri iscritti e tutti i medici sui rischi che corrono a collaborare con le istituzioni in un contesto finalizzato al bene comune che diventa invece solo un danno per il singolo".
(Cds/ Dire)