Inquinamento globale causa 26% morti, bimbi piu' di 1 su 4
Aumenta incidenza obesita', tumore testicoli e genitali ambigui
Roma, 17 gen. - "Il 26% delle morti a livello internazionale sono attribuibili ai danni provocati dall'ambiente, e il 28% di queste persone decedute sono bambini". Ad entrare nel merito della correlazione tra inquinamento ambientale e salute e' Michele Valente, pediatra di famiglia, counselor sistemico ed esponente del gruppo Pump (Pediatri per un mondo possibile).
"Il 98% di questi bambini morti, 8 milioni nel mondo, sono da ritrovare nei Paesi a piu' alto inquinamento, che spesso coincidono con quelli a piu' basso sviluppo- sottolinea il pediatra- o in grande via di sviluppo come la Cina e l'India".
Passando all'Italia "ci sono Regioni e punti nella Penisola maggiormente interessati. A rischio inquinamento ambientale troviamo le aree urbane, soprattutto quelle limitrofe alle industrie come Taranto, ma anche le aree rurali a coltivazione intensiva, che rappresenta un fattore importante per l'inquinamento delle falde acquifere attraverso un uso indiscriminato di pesticidi. L'Italia ha ottime normative- chiosa l'esperto- ma ci sono dei pero'".
Esiste, poi, una connessione tra sostanze inquinanti e lo sviluppo di problematiche endocrinologiche. "Le sostanze piu' conosciute sono gli ftalati e i Pbs, che hanno un'azione androgenica, antiandrogenica ed estrogeno sensibile. Si legano ai recettori ormonali o li spiazziano", chiarisce Marco Cappa, responsabile di Endocrinologia dell'Ospedale Bambino Gesu' di Roma. "Queste sostanze riescono a modificare l'assetto ormonale, gli organi bersaglio che possono essere sia a livello ipotalamo ipofisario che degli organi bersaglio veri e propri come mammella, utero e gonadi (in particolare la gonade maschile e' molto interessata da questo problema)".
Lo specialista dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesu' di Roma sottolinea che "gli studi che avevano dimostrato questa alterazione nei primi anni del 2000 ormai non sono piu' dimostrabili, poiche' e' difficile trovare una popolazione di controllo non inquinata. Mentre nel 2000 era possibile vedere popolazioni che non avevano un'influenza da questi endocrine disruptors (interferenti endocrini)- chiosa l'endocrinologo- ora nel 2019 constatiamo l'assenza di una popolazione completamente esente dagli inquinanti. I dati su cui ci possiamo basare sono quelli dei primi anni di questo secolo, ma non sono ancora dimostrabili con le attuali valutazioni scientifiche".
Nel frattempo le conseguenze fisiche sono enormi. "Si va dall'aumento del criptorchidismo" (impossibilita' di uno o entrambi i testicoli a scendere nello scroto) e del tumore del testicolo, all'aumento dell'obesita' stessa, della presenza di ipospadia e di genitali ambigui. Sono teoricamente delle influenze che possono determinare gravi alterazioni a livello endocrino", ricorda Cappa. Era stato, quindi, postulato che l'obesita' possa essere un effetto dell'inquinamento, essendoci "delle sostanze che agiscono a livello del meccanismo cellulare, in particolare la ppar gamma- rimarca il medico- sostanza che agisce a livello cellulare e modifica l'adipocita. Questo dato potrebbe far pensare che gli endocrine disruptors possano esercitare un'azione sulla cosiddetta obesogenica". Una riflessione da non prendere sotto gamba, dal momento che solo nel Lazio, secondo 'Okkio alla salute', un terzo della popolazione in eta' evolutiva risulti essere sovrappeso o obesa. E non sono fuori pericolo i neonati: "La problematica impatta dalla nascita- termina Cappa- perche' si parla anche degli inquinanti assunti dalle mamme".
A spiegarci come stanno le cose e' l'epigenetica, l'anello di congiunzione che chiarisce come mai alcune situazione di inquinamento ambientale siano poi in grado di determinare lo sviluppo di malattie dal bambino all'adulto. L'inquinamento "incide a livello preconcezionale, durante la gravidanza e nella prima infanzia- sottolinea Valente- per poi causare lo sviluppo di malattie croniche nell'adulto". Sono stati, infatti, gli studi di epidemiologia a sviluppare l'epigenetica proprio per dimostrare "come un danno ambientale senza incidere direttamente sul genoma, quindi sulla sequenza del Dna, sia in grado di apportarne una modificazione perche' ne determina una diversa lettura, un ampliamento ed una distorsione della lettura del Dna che nel tempo provoca lo sviluppo di un danno. Il danno epigenetico non si limita alla vita dell'individuo- avverte il pediatra di famiglia- ma puo' essere trasmesso fino a tre generazioni successive. Tuttavia non e' definitivo- poi rassicura- per cui agendo su quei fattori determinanti abbiamo la possibilita' di fare regredire questo rischio. In Italia esistono cinque studi basati su grandi coorti che ci possono orientare".
Il compito dei pediatri di famiglia e' quello di agire su cinque livelli: "Informazione, formazione, educazione, counseling ed advocacy per integrare il nostro ruolo di medici con quello di cittadini- conclude Valente- e, infine, sensibilizzare i pazienti, le famiglie e l'ambiente che ci circonda per lottare e ottenere dalla politica un cambio di direzione in questo senso".
(Red/ Dire)
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