Cella (Ausl Piacenza): Piu' codici gialli per avvelenamenti e traumi cranici
(DIRE-Notiziario settimanale Minori e Pediatria) Roma, 11 dic. - Il mese di marzo 2020 ha visto una diminuzione superiore all'80% degli accessi ai pronto soccorso pediatrici (psp) della regione Emilia Romagna, rispetto allo stesso mese del 2019. È quanto emerge da un'indagine retrospettiva relativa alle conseguenze della pandemia sull'utilizzo dei psp emiliano-romagnoli alla quale hanno aderito le province di Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ravenna, Forli' e Rimini che raccolgono una popolazione pediatrica (0-14 anni) pari al 61% del totale regionale. A presentare i risultati di questo studio e' Andrea Cella, responsabile dell'Unita' operativa semplice dipertimentale (Uosd) Pronto soccorso pediatrico presso l'Ausl di Piacenza nell'ambito del congresso straordinario digitale della Societa' italiana di pediatria (Sip).
Statisticamente, spiega Cella, "la frequenza della gravita' degli accessi classificati dai codici di triage e' risultata maggiore nel 2020 rispetto al 2019, con un aumento significativo dei codici gialli. Anche la percentuale di attivazione delle Osservazioni brevi intensive (Obi) e' stata leggermente superiore nel 2020 rispetto al 2019, con un aumento significativo dei ricoveri dopo Obi".
Riguardo alle cause degli accessi in pronto soccorso pediatrico, lo specialista evidenzia come sia stato registrato un "aumento significativo delle percentuali di pazienti che si sono presentati in psp per febbre, trauma cranico, avvelenamenti o intossicazioni e patologie di tipo psichiatrico. Ci sono state, al contrario, riduzioni consistenti delle percentuali di accesso per patologie infettive, respiratorie e gastrointestinali acute, dolore addominale".
Complessivamente, nel mese di marzo 2020, nei pronto soccorso emiliano-romagnoli che hanno partecipato alla ricerca sono stati effettuati 103 tamponi naso-faringei: di questi 26 sono risultati positivi, solo 6 dei quali hanno necessitato di ricovero ma, precisa Cella, "senza richiedere intubazione o ventilazione invasiva. L'esito dei tamponi- sottolinea- conferma sicuramente l'idea che mediamente l'infezione colpisca in modo meno grave i bambini rispetto agli adulti".
Tra le possibili cause di questa consistente riduzione degli accessi in psp, l'indagine ha individuato "le misure governative sul distanziamento sociale e sull'utilizzo delle strutture sanitarie solo in caso di necessita' che- chiarisce il responsabile del psp dell'Ausl di Piacenza- hanno avuto effetto immediato. La chiusura delle scuole e il distanziamento- inoltre- hanno avuto un impatto sulla velocita' di trasmissione di malattie infettive acute (in particolare respiratorie e gastrointestinali) e anche sull'incidenza dei traumi accidentali. C'e' stata poi la paura di andare in ospedale e contrarre li' l'infezione da Sars-Cov-2. Infine- constata l'esperto- potrebbe esserci stata una riduzione dell'utilizzo inappropriato dei psp, dato confermato dalla riduzione percentuale dei codici bianchi". A questo proposito, Cella sottolinea come "l'andamento ridotto degli accessi in psp e' proseguito anche dopo il lockdown. In questa fase autunnale, in cui storicamente aumentano gli accessi per le patologie infettive, il gap rispetto allo scorso anno rimane molto alto. Sara' quindi necessario- avverte- tenere alto il livello di guardia rispetto alle strategie di sorveglianza, in particolare quelle territoriali".
Il pediatra dell'Ausl di Piacenza pone quindi l'accento sul rischio che una importante riduzione degli accessi ai pronto soccorso pediatrici porta con se' "quello del possibile ritardo nelle richieste di cura per bambini con malattie o condizioni potenzialmente gravi. Questo ritardo nelle cure potrebbe aver interessato pazienti con patologie croniche o gravi disabilita' o soggetti piu' vulnerabili, come ad esempio i bambini appartenenti a famiglie in difficolta' economiche". Per questo si fa piu' stringente la necessita' "che i professionisti sanitari pediatrici, sia ospedalieri che sul territorio, adottino strategie appropriate per prevenire i rischi derivanti da diagnosi e terapie ritardate. Se questo non avvenisse, i bambini sarebbero maggiormente colpiti da questo 'effetto collaterale' della pandemia piuttosto che dal virus stesso", conclude.
(Wel/ Dire)