Ma in lockdown nuove diagnosi piu' difficoltose. Focus a congresso Sip
(DIRE-Notiziario settimanale Minori e Pediatria) Roma, 4 dic. - "La celiachia non rappresenta un rischio per l'aumento dell'infezione da Coronavirus". A dirlo e' Elena Lionetti, biologa nutrizionista dell'azienda ospedaliera universitaria 'Ospedali Riuniti Ancona', nel corso del congresso straordinario della Societa' italiana di pediatria (Sip). "Innanzitutto- spiega Lionetti- e' stato creato un registro internazionale per riportare tutti i casi di associazione tra malattia celiaca e infezione da Coronavirus. Al 2 novembre si contano nel mondo 79 casi totali, di cui solo 12 hanno avuto bisogno di ospedalizzazione e uno e' deceduto. Di questi si registra solo un caso al di sotto dei 18. In Italia, nello specifico, abbiamo registrato 14 casi di cui 2 hanno avuto bisogno di ospedalizzazione. Probabilmente- spiega Lionetti- non tutti i casi sono stati registrati, ma di sicuro l'impressione e' che la celiachia di per se' non rappresenti un rischio maggiore di ammalarsi di Covid".
Un'impressione "confermata anche da una recente web survey- evidenzia il medico- che ha indagato, su 18.000 partecipanti, l'eventuale presenza di infezione da Coronavirus nei celiaci rispetto a una popolazione di controllo. Il risultato e' che il rischio di essere positivi non era diverso tra celiaci e popolazione generale". Stessi risultati ottenuti anche in uno studio condotto sulla popolazione pediatrica delle Marche durante la prima ondata della pandemia, momento in cui la regione presentava un'alta diffusione del virus. "Abbiamo contattato circa 300 pazienti celiaci per vedere se avessero avuto sintomi compatibili con il Covid e il risultato e' che non abbiamo riscontrato alcuna infezione da Coronavirus nella popolazione pediatrica".
IMPATTO DEL LOCKDOWN SU DIAGNOSI - Se i dati sono rassicuranti per quanto riguarda l'esposizione dei pazienti celiaci al virus, diversa invece e' la situazione per quanto riguarda le nuove diagnosi in periodo di emergenza. Un punto su cui la dottoressa Lionetti mette l'accento. "La gestione della malattia durante la pandemia e' stata complessa- dice- perche' ci sono stati due tipi di problemi: da un lato la difficolta' della diagnosi e dall'altro quella del follow up". Sul primo punto "il problema era rappresentato dai casi dove era necessaria l'endoscopia digestiva per confermare la malattia- precisa l'esperta- questo test, infatti, non viene raccomandato come un'analisi da effettuare di routine e cio' ha rappresentato un limite nella sua attuazione", spiega Lionetti. Il problema del follow up "e' che richiede l'accesso in ospedale, un momento che di per se', durante il lockdown, rappresentava un rischio per il paziente e per l'operatore sanitario". Dunque anche per i pazienti affetti da celiachia "e' necessario tenere alta l'attenzione sui controlli per evitare di avere ritardi diagnostici". E' per questo che la Societa' italiana di gastroenterologia, epatologie e nutrizione pediatrica (Sigenp) ha stilato un documento (consultabile a questo link: https://sigenp.org/wp-content/uploads/2020/10/MC_COVID.pdf) in cui vengono date alcune indicazioni su come gestire una sospetta celiachia durante l'emergenza Covid.
FOLLOW UP - "La celiachia si offre piu' di tante altre patologie alla telemedicina- sottolinea il medico- quindi o tramite l'invio di esami per mail, e successivo consulto telefonico, oppure attraverso una videochiamata in cui il paziente si confronta direttamente con il medico- racconta Lionetti- e' stato possibile seguire chi ne ha avuto bisogno e mantenere un contatto. È una modalita' che molti pazienti adulti hanno gradito e hanno chiesto di continuare anche dopo l'emergenza Coronavirus".
IMPATTO SU DIETA SENZA GLUTINE - Il lockdown, pero', ha avuto anche un risvolto positivo. "In una web survey condotta su 103 province italiane, sia su pazienti adulti che su genitori di pazienti pediatrici, il 30% degli intervistati ha riferito di aver migliorato la propria dieta senza glutine- spiega Lionetti- il 40% ha detto di aver aumentato la preparazione di prodotti casalinghi e solo il 30% ha riferito di aver avuto difficolta' nel reperire prodotti senza glutine. Risultati incoraggianti- conclude Lionetti- che evidenziano come il lockdown non abbia inficiato la qualita' della dieta delle persone celiache a differenza di quanto avvenuto, invece, per la popolazione generale".
(Wel/ Dire)