Roma, 27 set. - L'uso di alcol e di droghe in gravidanza e' un fenomeno troppo diffuso e spesso trascurato dalle coppie che decidono di avere un figlio. L'allarme viene lanciato in occasione del convegno 'Alcol, sostanze psicoattive e gravidanza: un'alleanza tra cultura, tutela e diritti' promosso in Senato dalle associazioni Aidefad e Cammino. Un richiamo che arriva anche da una storia concreta ed esemplare, quella di Claudio Diaz, oggi presidente e co-fondatore Aidefad - APS (Associazione Italiana Disordini da Esposizione Fetale ad Alcol e Droghe) che ha presentato la sua esperienza.
Interpellato dalla 'Dire' racconta: "La mia storia dimostra quanto l'esposizione di un feto e di un embrione all'alcol e alle droghe possa causare danni spesso invisibili, che vanno a danneggiare strutture del cervello in modo funzionale". Una conseguenza che "non essendo facilmente riconoscibile al momento della nascita, spesso non ottiene una diagnosi e nel tempo trova diagnosi solo sintomatiche, con un danno enorme per la famiglia e per il sistema sanitario che dovra' affrontare grossi costi". Di qui il messaggio: "Nei mesi di gravidanza, anche prima e durante l'allattamento, evitare l'assunzione di alcool, di droghe, di tabacco, di qualunque sostanza che possa alterare il corretto sviluppo la salute del bambino".
Claudio parla di "segreto di Pulcinella: i disturbi da esposizione fetale ad alcol e droghe sono ampiamente conosciuti, se ne comincia a parlare gia' alla fine degli anni '60, ma sono sottaciuti, sminuiti, mal o non diagnosticati. E questo provoca situazioni di solitudine e abbandono".
Questa e' la sua storia: "Un giorno di giugno di 40 anni fa venivo alla luce a Treviso, una citta' che ha deciso di accogliere un bimbo che arrivava da un mondo di dolore. Appena vista la luce la mia mamma non mi ha stretto a se', non mi ha accarezzato. Appena nato sono stato portato nella Nursery dove ho atteso 10 giorni che i miei genitori adottivi venissero a prendermi. La vita era iniziata e non potevo immaginare come quei 9 mesi che avevano preceduto questo giorno avrebbero condizionato la mia esistenza".
Allora, spiega, "prevaleva la convinzione che una famiglia benestante e con un buon grado culturale bastasse a sistemare tutto. Che i danni e i traumi subiti in gravidanza scomparissero nel corso del tempo. Purtroppo questo oltre a non essere vero e' una convinzione e un messaggio pericoloso".
Nessuno avviso' la famiglia adottiva dei problemi che il bambino avrebbe potuto sviluppare e col passare del tempo si presentano "problemi col sonno, esplosioni di rabbia incontrollabile, comportamenti oppositivi, cambiamenti repentini di personalita', difficolta' di coordinamento neuromotorio, difficolta' a capire di chi fidarsi, a chi dire cosa e chi no, sovraccarichi sensoriali, aggressivita', autolesionismo, aumenti e diminuzioni significative del peso corporeo, problematiche gastorintestinali".
Racconta ancora Claudio: "Gli anni passarono nel vuoto dell'angoscia, nel tentativo di porre rimedio a tutti i problemi e lo sviluppo fuori di me di un'immagine che era solo la rappresentazione del caos e che si autoalimentava. Arrivo' rapida, potente, devastante l'adolescenza. Avevo 13 anni quando cominciai a bere. Bevevo smodatamente, sentivo che il bere alleviava tutto il dolore che mi mangiava dentro e sentivo che faceva parte di me, come un'antica memoria che ti appartiene da sempre. La nostra famiglia comincio' a sgretolarsi".
E poi "arrivarono le droghe. Dal 2003 al 2009 la mia vita e' stata di isolamento sociale, ricoveri e stigma. Nel 2010 cominciai a manifestare importanti problematiche tipo neurologico, ma anche in questo caso risulto' per tutti piu' semplice rimandarle ai presunti problemi psichiatrici. Non la malattia quindi, ma questa cattiveria accesero in me un fuoco di rivalsa, un desiderio di verita' e giustizia cosi' potenti che mi travolsero e mi spinsero ad intraprendere un cammino che non avrei mai immaginato dove mi avrebbe condotto".
Per fortuna il giovane Claudio comincia ad incontrare anche qualcuno che cerca di capirlo e si sostenerlo. "Ecco che conobbi un dottore che comincio' ad accompagnarmi con gentilezza e professionalita'. Anche grazie a lui sono riuscito a ottenere le informazioni sulla mia famiglia biologica che, unite alla mia storia, confermarono la diagnosi di Sindrome cerebrale da esposizione fetale ad alcol e droghe. Diagnosi che mi ha cambiato la vita! Allora non ero matto, allora non ero colpevole, allora non ero sbagliato, allora forse finalmente potevo essere chi sentivo di essere".
Scopre quindi che la la mamma biologica "era figlia di un alcolista che divenne tossicodipendente. Anche i miei zii svilupparono problemi di dipendenze. Anche mio madre era tossicodipendente e alcolista. Durante la gravidanza non smise, non smisero di assumere droghe, farmaci, alcol e tabacco".
Dalla sua storia nasce allora la voglia di riscatto e di sensibilizzazione, nasce una associazione e ora Claudio sta meglio: "Non ho piu' problemi di dipendenze, non assumo piu' psicofarmaci, ho una compagna. Ho imparato a riconoscere le mie difficolta', a prevenirle, a controllarle, ad accettarle.
Dobbiamo dunque fare moltissimo- conclude- e dobbiamo farlo assieme: da un lato la prevenzione, dall'altro la corretta diagnosi anche per chi non e' piu' un bambino. Non e' piu' tempo di nascondere la polvere sotto il tappeto", e' il suo appello.
(Red/ Dire)