Patologia con una prevalenza media di 1 su 5mila nati maschi
Roma, 18 ott. - L'emofilia e' una patologia con "una prevalenza media di uno su 5mila nati maschi, per quella di tipo A, mentre per il tipo B e' di circa 5 volte inferiore". Sono in continuo sviluppo per questo, nuovi farmaci da immettere sul mercato e approcci scientifici ormai concentrati appieno "sulla terapia genica". A spiegarlo all'agenzia Dire e' Raimondo De Cristofaro, direttore del servizio delle malattie emorragiche e trombotiche della fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.
Oltre all'omogeneita' dei "livelli di assistenza sanitaria" che per "l'emofilia variano ancora da regione a regione", tra le necessita' emerge anche la coesione con il mondo pediatrico.
"Bisogna che i circa 50 centri emofilici diffusi sul territorio intavolino- continua il professore- relazioni professionali strette con la pediatria". Talvolta, infatti, "ci sono atti sanitari semplici - come lo stesso prelievo ematico - che in bambini molto piccoli devono essere fatti da mani esperte".
Dunque, una collaborazione stretta "tra centri pediatrici ed emofilici", soprattutto con l'universo della "prima infanzia e addirittura della neonatologia", puo', a detta di De Cristofaro, accrescere "il grado di accettazione delle figure coinvolte nella terapia da parte del piccolo paziente. E aiutarlo, cosi', nel prosieguo della terapia stessa".
Sugli sviluppi futuri degli approcci genici all'emofilia, invece, per il tipo B "sono gia' stati effettuati una decina di interventi, anche se al momento non in Italia. Per il tipo A, purtroppo, e' tutto piu' complesso per motivi legati alla trascrizione del gene contenente la corretta sequenza del fattore VIII- continua il professore, che aggiunge pero' anche buone notizie- in pochissimo tempo quest'approccio terapeutico potra' essere reso disponibile anche nel nostro Paese, fatti salva la sostenibilita' economica".
Frontiera genica a parte, ci sono anche nuovi prodotti del fattore VIII e IX che stanno entrando sul mercato e "garantiranno una piu' lunga permanenza nel circolo dei pazienti, assicurando un'efficacia maggiore dal punto di vista emostatico e impedendo cosi', al paziente, di effettuare infusioni endovenose troppo frequentemente durante la settimana".
(Red/ Dire)