Capozza: Porta a eccessiva somministrazione di antibiotici
Roma, 22 mar. - L'accertamento delle infezioni urinarie resta un problema per i pediatri e non e' una questione recente: "Da alcuni studi fatti negli anni '60 emerse una batteriuria asintomatica nel 5% delle donne adulte e dall'1 al 2% delle bambine. Questo ha creato un'eccessiva diagnosi d'infezioni urinarie, che classicamente si fanno con l'esame delle urine e l'urinocultura". Nicola Capozza, presidente della Siup, parte da qui per informare i colleghi sulle criticita' relative alle modalita' diagnostiche.
"Mentre l'esame delle urine e' quasi sempre attendibile- spiega il medico- perche' si vede il numero dei leucociti e non viene inficiato da problemi di raccolta del campione, ne' da eccessiva attesa tra la raccolta del campione e l'analisi.
Nell'urinocultura invece, soprattutto nei primi due o tre anni di vita, e' impossibile scartare la prima parte del getto urinario che e' inquinata. Viene raccolta tutta la minzione compresa la prima parte inquinata e questo da' luogo ad urinoculture falsamente positive".
Capozza avverte che questa procedura "porta a una eccessiva somministrazione di farmaci e di antibiotici, causando un'altra emergenza: la resistenza batterica. Negli ultimi anni studi in tutta Europa hanno dimostrato che l'escherichia coli, il germe maggiormente riscontrato nelle infezioni urinarie, e' resistente agli aminoglicosidi in una percentuale dal 2 al 5% dei casi. Se ci riferiamo ad antibiotici piu' antichi e meno efficaci (le aminopeniccelline)- conclude- abbiamo una resistenza batterica che arriva fino al 50% in tutta Europa".
(Red/ Dire)