Roma, 12 ott. - "In Italia ci sono circa 300 ricercatori, ma un censimento non e' mai stato fatto. Il vero problema riguarda l'accesso alle carriere scientifiche, sempre piu' difficile, tanto che la maggior parte dei pediatri si dedica ad attivita' assistenziali e in pochi svolgono attivita' di ricerca". Parte da qui Raffaele Badolato, neopresidente della Sirp, per stimolare la ricerca pediatrica in Italia.
"Innanzitutto bisogna aumentare gli investimenti nella ricerca in generale e sviluppare dei percorsi idonei per i giovani ricercatori. Questo significa- chiarisce il medico- aumentare le posizioni dei ricercatori nell'ambito dell'universita', aumentare gli stipendi, i finanziamenti e le borse di studio. Sono tutte piccole iniziative che contribuiscono a rendere piu' appetibile e realizzabile quest'obiettivo". Badolato sottolinea che non si tratta di un traguardo "fine a se stesso perche' la cura del bambino nei prossimi anni cambiera' completamente: l'informatica ci dara' degli strumenti piu' avanzati per valutare le aderenze, la genetica ci consentira' di fare diagnosi molto precoci a livello di screening neonatale- continua il presidente della Sirp- e tutto questo si arricchira' di nuove terapie biologiche dirette sui meccanismi, attraverso le quali anche molte malattie finora incurabili verranno curate. Per questo abbiamo bisogno di ricercatori".
L'obiettivo posto dalla Sirp e' proprio quello di sviluppare la ricerca pediatrica in Italia. "La ricerca e' patrimonio di tutti, ma dobbiamo lavorare affinche' i giovani possano avere accesso alle carriere accademiche e alle carriere scientifiche". Il lavoro della Sirp e' tutto proiettato nel permettere ai pediatri o agli operatori della ricerca di contribuire ad arricchire le conoscenze in questo ambito, affinche' siano sempre piu' avanzate e si possano sviluppare degli strumenti sempre piu' efficaci per le cure del bambino".
Nonostante tutto "la pediatria italiana, in termini di produzione scientifica, rientra nel gruppo dei paesi piu' produttivi- conclude- grazie alla capacita' dei ricercatori italiani di utilizzare le poche risorse disponibili".
(Wel/ Dire)