Quando e' patologico? Lo psicologo: se mancano altri interessi
Roma, 18 mag. - I giovani e la mania dei videogame. Secondo l'Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani, in Italia "gioca quasi l'intera popolazione dei giovani e giovanissimi: il 96% dai 6 ai 17 anni".
Per alcuni i giochi diventano un modo per scappare da una realta' che non piace. Questo e' accaduto a Chiara, una ragazza di 23 anni che mercoledi' scorso ha testimoniato la sua esperienza a 'I fatti Nostri': "Giocavo tutto il giorno- ammette davanti alle telecamere- non facevo nient'altro, e se facevo qualcos'altro pensavo al gioco. Ho sempre sofferto di attacchi d'ansia, di panico e bassa autostima- racconta alla trasmissione 'I Fatti Vostri'- ero timida, insicura ed emarginata. A 15 anni ho lasciato la scuola per dedicarmi al bar di famiglia e quando lo abbiamo chiuso mi sono trovata senza scuola, senza lavoro e senza amici. Soffrivo molto emotivamente, avevo anche problemi sentimentali. In quel periodo- ricorda Chiara- un mio caro amico mi fece conoscere un gioco di ruolo online, dove era possibile giocare insieme ad altre persone. Ognuno sceglieva il suo personaggio ed io scelsi una maga forte, indispensabile per il gruppo. Mi sentivo importante e questa sensazione mi ha resa dipendente dal gioco. In quel mondo- afferma la giovane- interpretavo un personaggio che mi sarebbe piaciuto impersonificare nella realta'. La mia vita era scandita in modo routinario: mi alzavo dal letto e andavo a sedermi sul divano con due Pc, uno sulle gambe per giocare ed uno sul bracciolo del divano per comunicare con gli altri. Giocavo tutto il giorno". C'e' un discrimine tra gioco normale e gioco patologico? "Siamo abituati a situazioni eclatanti- risponde Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva, intervenuto in trasmissione- c'e' chi si reclude in casa, come gli hikikomori che secondo l'associazione Hikikomori Italia si stima siano 100.000, oppure adulti e ragazzi che spendono soldi negli slot". Quando si tratta di un problema? "I genitori in genere lo avvertono da soli- replica Castelbianco- ma se il figlio non persegue altri interessi (scuola, sport, amici), allora il problema e' presente e deve essere affrontato. I giovani che giocano senza limiti, lo fanno perche' non hanno un'alternativa e si lanciano in quest'attivita' in modo compulsivo per riempire il tempo. È una forma di solitudine forte". Per aiutarli "bisogna offrire loro delle nuove opportunita'. In Danimarca, la nazione piu' felice d'Europa - l'Italia e' al 50esimo posto della classifica - fanno praticare ai minori diverse attivita' anche all'area aperta. Esperienze come il canto, il teatro o la musica rappresentano un'alternativa. Sappiamo benissimo che il cellulare non si puo' sottrarre ai giovani- sottolinea Castelbianco- ma offrire delle alternative significa dare loro dei ricordi diversi a cui rifarsi nei casi di sofferenza. Noi purtroppo non diamo alternative".
Chiara oggi racconta di aver smesso di giocare perche' si e' spaventata e questo sentimento le ha permesso di staccarsi da quella compulsione. "Non era la realta' che credevo. Ho ricevuto delle minacce e ho avuto paura- ammette la ragazza- mi sono spaventata e mi sono detta 'C'e' qualcosa che non va bene'.
Allora ho deciso di ricominciare la scuola e quest'anno ho la maturita'. Ho obiettivi importanti- aggiunge- andro' all'universita'".
Lo psicologo conclude: "Bisogna ricordare che sono ragazzi estremamente vulnerabili e sensibili. Non e' urlando o agendo di forza che si ottiene un risultato, ma riuscendo a farli sentire compresi e aprendo piano piano uno spiraglio che dia adito a nuove esperienze che consentano loro di uscire da uno stato di ansia e angoscia".
(Red/ Dire)