(DIRE - Notiziario settimanale Minori) Roma, 16 giu. - "Tutti siamo in grado di offrire aiuto, tutti possiamo aver bisogno di aiuto e l'affidamento familiare non e' altro che una forma, giuridicamente regolata, di dare aiuto a minori in difficolta', in modo che questi abbiano l'opportunita' di poter crescere in un ambiente sano e stimolante come i loro coetanei". Lo dice la Garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, Filomena Albano, in occasione della presentazione alla Camera della relazione annuale dell'Autorita' garante per l'Infanzia e adolescenza, alla presenza della presidente Laura Boldrini. Nel Rapporto 2016 si sottolinea che sono diverse le ragioni per cui un bambino o una bambina, un ragazzo o una ragazza si vengono a trovare nella condizione di non poter vivere con la propria famiglia: perche' e' lontana - i migranti arrivati da soli - perche' non e' in grado di assicurare loro, seppure temporaneamente, le cure e le attenzioni necessarie, ovvero un ambiente idoneo alla crescita.
In questi casi la legge (4 maggio 1983 n 184) prevede due opzioni: l'affidamento familiare e l'inserimento in una comunita' di tipo familiare o in un istituto. Secondo l'Autorita' e' pero' "indispensabile" non dimenticare i cosiddetti 'care leavers', ovvero i giovani che in base alla nostra legislazione, raggiunta la maggiore eta' non possono piu' beneficiare della cura, della protezione e della tutela garantite dalla realta' di accoglienza residenziale e sono costretti, senza avere le necessarie tutele, ad avviarsi verso un percorso di autonomia economica e lavorativa.
L'affidamento familiare, si realizza con l'accoglienza offerta al minore da parte di un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o da una persona singola in grado di assisterlo affettivamente e materialmente. È per sua natura temporaneo e puo' essere organizzato in modi diversi: solo per qualche ora al giorno; solo per alcuni giorni alla settimana, al mese, all'anno; per un periodo continuativo.
L'inserimento - temporaneo o comunque fino al compimento del 18° anno di eta' - avviene in una comunita' di tipo familiare o in un istituto di assistenza. Secondo l'Autorita' garante per l'Infanzia, e' pero' anche "indispensabile" pensare al momento in cui i ragazzi, che stanno vivendo fuori famiglia, compiono 18 anni e viene loro a mancare il sostegno (economico e residenziale) da parte dello Stato. Difficilmente questo momento viene a coincidere con una reale autonomia dei ragazzi e delle ragazze. I cosiddetti 'care leavers' - da care, cura, e to leave, perdere - si trovano improvvisamente di fronte alla necessita' di risolvere problemi pratici che sembrano insormontabili e spesso lo sono: trovare una casa, un lavoro, un legame affettivo ma anche semplicemente portare a termine il loro percorso di studi.
(Red/ Dire)