Poterzio (psichiatra): Passaggio alle superiori e' piu' complesso
(DIRE - Notiziario settimanale Minori) Roma, 16 set. - 'Quando l'alunno passa in una nuova sede scolastica la prima paura che affronta riguarda i nuovi compagni di scuola, perche' sconosciuti', rivela Franco Poterzio, medico-psichiatra e professore emerito di psichiatria Universita' di Milano.
'A detta dei docenti, oggi gli alunni si sentono meno timorati dai loro maestri o professori. La comunicazione con i pari e' spesso problematica, tanto per il clima di bullismo e violenza quanto perche' l'interlocuzione viaggia preferibilmente sullo scambio di oggetti e sul confronto tra di essi (cellulari o altri apparecchi elettronici di vario tipo). La carenza di sistemi fondati su valori tanto a livello familiare quanto scolastico e' una delle principali ragioni del fenomeno. Altro fondamentale motivo- precisa l'esperto- e' dato dalla carenza familiare e scolastica alla formazione della socialita', con scarsa attenzione alla coesione, alla collaborazione e alla distribuzione dei ruoli all'interno dei gruppi. L'allievo, in breve, interagisce ma comunica assai poco con i suoi compagni. Si sente solo e alquanto timoroso di derisioni, scherzi, emarginazioni'.
- Esistono difficolta' specifiche per quanto riguarda i passaggi di ciclo? 'Ascoltando gli insegnanti, le crisi di adattamento nel passaggio dalle elementari alle medie inferiori vengono rapidamente superate anche per una maggiore vigilanza del docente sull'andamento della classe collettivamente considerata e del sistema familiare. Si ritrova, infatti, in questi casi un piu' valido sostegno del nucleo familiare. Il passaggio alle scuole superiori- precisa il professore emerito- si configura invece per una maggiore conflittualita' e complessita'. L'adolescente vive un'inevitabile fase di ambivalenza maturativa, al punto che gli e' difficile sapere cio' che egli effettivamente vuole. Il suo mondo affettivo e' turbolento con repentini cambiamenti emotivi e mutamenti progettuali. Deve imparare a gestire le trasformazioni del proprio corpo in fase di sviluppo a causa dell'insorgere impellente di pulsioni aggressive, sessuali, affettive, creative (la famosa 'crisi di originalita'' dell'adolescenza (sec. Il Debesse). La confusione che ne deriva fa si' che spesso egli vada alla ricerca di modelli da imitare e nei quali identificarsi. La conseguenza di tutto cio' e' rappresentata, soprattutto nel sesso maschile, da cattivo rendimento sul piano scolastico'.
- In che modo questa diffusa cultura dei consumi puo' aumentare il rischio collegato ad eventuali emersioni di disturbi psicologici in eta' adolescenziale? 'L''anedonia' e' una particolare incapacita' a provare piacere in diverse situazioni, in primo luogo quella sessuale. Lo si nota nelle giovani generazioni in cui l'anedonia viene riportata a una speciale impossibilita' a trovare e ad attribuire significato ad alcunche'. Il soggetto vive in una sorta di vuoto esistenziale. Non rimangono che gli oggetti materiali: ecco allora che sin dai primi anni di vita il giovane e' addestrato a sostituire gli affetti con gli oggetti e inizia il consumismo. Il degrado della sessualita' ne e' la prima conseguenza- spiega lo psichiatra- per cui si tende oggi ad agire secondo la formula 'poco mi importa chi tu sia, poco mi importa anche qual e' il tuo sesso: importa che tu ora mi faccia piacere'. Il dopo non importa: 'Tanti saluti, arrivederci e grazie!'. Ogni relazione viene consegnata cosi' all'effimero, al contingente, al transitorio, all'intercambiabile. Tutta la sessualita' con le sue caratteristiche di relazione unitiva, affettiva, reciproca, donativa, personificante ('sei piu' tu quando sei con me) intima, paritetica, progettante viene meno per ridursi a un piano meramente ludico. Ma il sesso non e' un giocattolo e privato del suo profondo significato subisce una grave riduzione sul piano eistenziale, affettivo, corporeo, con la conseguenza di 'oggettificare' l'Altro; mentre la relazione sessuale e' un incontro 'intersoggettivo'. Molti complessi di inferiorita' degli adolescenti provengono da discorsi impropri che i ragazzi fanno su questi temi, dimenticando gli aspetti fondamentali dell'innamoramento, dell'affettivita', del rispetto. Ne' la scuola ne' la famiglia aiutano in questo campo'.
- In che modo la relazione docente-alunno incide sul benessere-malessere psicofisico dello studente? 'Lo studente bene o male ha sempre nei suoi insegnanti un punto di riferimento.
L'insegnante viene imitato, caricaturato, soprannominato. Questi semplici e diffusi fatti dimostrano che la figura dell'insegnante incide non poco sull'evoluzione della personalita' dell'allievo. Basta un parola squalificante, un rimprovero ingiusto, un inconsapevole atto di ingiustizia e l'allievo prova una delusione generalmente profonda. Quanto piu' il sistema familiare e' affettivamente carente, tanto piu' l'alunno tende ad attaccarsi affettivamente e anche ad imitare il proprio insegnante. E' il momento in cui il giovane adolescente ha un grande bisogno di figure-guida e di figure-modello al di fuori del sistema familiare. L'intensita' con cui il docente sa essere autentico e sa trasmettere l'entusiasmo per certe materie- conferma Poterzio- aiuta molto gli allievi, che certamente non per questo sono plagiati, ma assimilano un stile di vita e di migliore rapporto con la realta''.
- Motivazione allo studio. Spesso le etichette che vengono date agli studenti li demotivano. Come puo', invece, un professore motivare un alunno, in particolare se in presenza di difficolta' di apprendimento, emotive, relazionali, o altro? 'Nell'ambito del rapporto tra docente e allievo esiste un importante spazio di interlocuzione che si puo' definire verbale duale, privata, da persona a persona. La situazione polemica, come talvolta succede in alcuni consigli di classe, non e' facile da realizzarsi perche' suscita la curiosita' degli altri allievi e dei colleghi insegnanti. Molto importa invece il dialogo con le famiglie e la collaborazione con gli altri insegnanti precisamente in un clima colloquiale, operativo, riflessivo e non competitivo', aggiunge lo psichiatra.
- Puo' raccontare l'esperienza relativa ai gruppi Balint? Di cosa si tratta e a quali risultati e' pervenuto? 'Si puo' partire dall'esempio precedente: in classe c'e' un allievo difficile.
Invece di soffermarsi sul solo rendimento scolastico il docente presentante illustra il caso, ne traccia la storia scolastica, l'atteggiamento in classe, il modo di relazionarsi con i compagni, il rapporto con lo stesso insegnante, la situazione familiare, i temi svolti, il tipo di contrasto, il modo di reagire del ragazzo agli ammonimenti del professore. Gli altri docenti del gruppo, in numero di 10 o 15, non di piu', sono invitati ad 'identificarsi', ossia a mettersi nei panni del collega presentante per vivere meglio la relazione senza giudicarla. Utile- precisa lo studioso- l'apporto di altri insegnanti, soprattutto di quelli che hanno avuto modo di intrattenere un rapporto piu' stretto con l'allievo problematico come i docenti di educazione fisica, di religione e di disegno. Lentamente la figura dell'allievo acquista di fronte ai docenti una prospettiva maggiormente tridimensionale. Ciascuno ha modo di vivere dentro di se' in maniera diversa la figura dell'allievo. Nascono domande: 'Da quanto tempo, quale la prima frustrazione, quali giochi, come si distrae, come si rapporta agli altri docenti, come si relaziona ai compagni, che domande fa, come giustifica il proprio scarso rendimento, ecc.'. Il risultato di tali incontri (almeno uno di tre/quattro ore al mese) conduce quasi sempre adi' una modificazione della posizione affettiva dei docenti verso l'allievo, mentre si mette in moto una strategia di recupero affidata tanto al professore presentante quanto agli altri colleghi'.
I 'gruppi Balint' sono nati alla Tavistock Clinic di Londra ad opera dello psicoanalista ungherese Michael Balint. 'Lavorando egli in un ospedale policlinico veniva sovente chiamato per delle consulenze. Con particolare acume si accorse che non bisognava lavorare soltanto sul paziente, ma anche sul rapporto medico/paziente e in tal modo venivano scongiurati molti errori tecnici (non psicologici) dovuti a una cattiva relazione di un paziente con il suo medico o con tutta l'equipe. I buoni risultati ottenuti da Balint- conclude Poterzio- hanno suggerito di trasportare il metodo anche sul rapporto docente-alunno'.
(Wel/ Dire)