Su 45 capoluoghi 11 senza esenzioni per famiglie in difficolta'
(DIRE- Notiziario settimanale Minori) Roma, 11 nov. - In Italia il 40% degli istituti scolastici principali non e' provvisto di una mensa e anche li' dove esiste spesso il servizio di refezione scolastica presenta gravi carenze sia riguardo i criteri di accesso che per le modalita' di erogazione. È quanto emerge dal nuovo Rapporto '(Non) Tutti a Mensa! 2016', un monitoraggio realizzato per il quarto anno consecutivo da Save the Children, nell'ambito della campagna 'Illuminiamo il Futuro', che sottolinea come la situazione delle mense scolastiche su tutto il territorio italiano sia disomogenea e priva di regole condivise.
Il rapporto di Save the Children prende in esame la proposta di refezione scolastica per le scuole primarie di 45 Comuni capoluogo di provincia con piu' di 100mila abitanti valutando tariffe, esenzioni, agevolazioni e trattamento delle famiglie morose. Secondo i dati, l'assenza delle mense nel nostro Paese e' molto preoccupante. In alcune Regioni del Sud ne e' privo un istituto su due: la percentuale tocca infatti il 53% in Puglia, il 51% in Campania e il 49% in Sicilia. La situazione non e' critica solo nel mezzogiorno, anche nelle regioni del nord infatti, quasi un terzo delle istituti scolastiche principali ne e' sprovvisto, come in Veneto (32%), Liguria (29%), Lombardia (27%), Piemonte (27%).
Dove le mense sono presenti, desta preoccupazione anche il dato sull'accesso dei bambini delle primarie e secondarie di I grado, che sottolinea maggiormente la disparita' tra nord e sud dell'Italia. La Sicilia, infatti, detiene il tasso piu' alto di bambini che non hanno accesso al servizio di refezione scolastica. Quattro bambini siciliani su cinque non ne usufruiscono (80%). Seguono Puglia (73%), Molise (70%), Campania (65%), Calabria (63%), Abruzzo (59%), Marche (57%), Umbria (54%). Ben 8 le regioni nelle quali piu' di un alunno su due nelle scuole primarie non fa uso della mensa. Il Trentino e' invece la Regione con solo l'11% di bambini che non ne usufruisce, seguita da Piemonte e Liguria (28%), Val D'Aosta (29%) tutte sotto il 30%.
Undici comuni su 45 non garantiscono a tutti un'esenzione specifica, legata al reddito, alla composizione del nucleo familiare o a motivi di carattere sociale. 8 di questi 11 prevedono la possibilita' di esenzione solo dietro segnalazione dei servizi sociali, mentre i tre comuni di Bolzano, Padova e Salerno non prevedono eccezioni. I rimanenti 34 Comuni che le applicano non seguono dei criteri uniformi. La meta' dei Comuni intervistati (26) pone la residenza come requisito essenziale per le agevolazioni sulle tariffe delle mense.
"Dall'anno scorso, alcuni Comuni hanno fatto dei passi in avanti. Anche il IV Piano nazionale Infanzia ha riconosciuto la mensa come livello essenziale delle prestazioni sociali ed ha come primo obiettivo quello di garantirla gratuitamente a tutti i bambini in condizioni di poverta' certificata. Senza adeguati investimenti, il Piano rischia di rimanere lettera morta e in questo senso ancora molto rimane da fare per garantire un accesso equo ed indiscriminato alla mensa a tutti i minori, soprattutto a quei bambini che versano in condizioni di poverta' estrema, che in Italia sono ben un milione e 131.000", afferma Raffaela Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save the Children.
"Se pensiamo che il 5,6% di bambini e ragazzi - un bambino su 20 - non consuma neppure un pasto proteico adeguato al giorno, e' facile comprendere quanto sia fondamentale che il servizio mensa a scuola venga garantito a tutti i bambini e che sia offerto in modo assolutamente gratuito alle fasce piu' disagiate, per le quali e' spesso l'unico pasto completo, diventando cosi' uno strumento di contrasto alla poverta' minorile", prosegue Raffaela Milano. La presenza della mensa e' strettamente collegata a quella del tempo pieno nelle scuole. Affiancando i dati Istat sulla dispersione scolastica, si e' notato come la presenza oppure no di questi due servizi negli istituti, sia fortemente correlata alla sua incidenza. Emerge cosi' che Regioni come Campania, Calabria, Puglia e Sicilia, con la piu' alta percentuale di alunni che non usufruisce del servizio mensa, sono le stesse dove la mancanza di tempo pieno e la dispersione scolastica sono piu' diffusi.
Secondo il rapporto, la disomogeneita' delle tariffe delle mense nelle scuole primarie e' trasversale tra tutte le regioni italiane. Prendendo in considerazione le tariffe massime e le minime di alcune citta' italiane, e' possibile evidenziare come spesso si creino delle sovrapposizioni. Se ad esempio, a Catania e' la tariffa massima a prevedere un costo di 2,3 euro, a Taranto quasi lo stesso costo (2,15 euro) e' contemplato per la tariffa minima. Per le fasce piu' disagiate, (cioe' le famiglie con un Isee 5.000) e con tre figli iscritti al servizio mensa, ad esempio, si riscontra che la tariffa pagata per il terzo figlio in alcuni Comuni come Bergamo e Modena, arrivi anche a superare i 4 euro. Solo 15 Comuni su 45 garantiscono l'esenzione totale dal pagamento dalla retta per il terzo figlio appartenente a questa tipologia di famiglie.
Per contro, se una famiglia ha un unico figlio ed un Isee di 25.000 euro a Catania, il costo della mensa e' di 2,3 euro, la fascia massima prevista in questa citta'. Mentre la stessa simulazione per una citta' come Livorno, vedra' applicata una tariffa di ben 6,71 euro. Diciasette Comuni su 45 prevedono una retta superiore ai 100 euro al mese per le famiglie con un figlio unico e un reddito piu' alto, in media 5 euro a pasto.
Inoltre, i Comuni di Bergamo, Forli', Parma riferiscono che circa il 100% del costo e' a carico delle famiglie, mentre nei Comuni di Siracusa, Reggio Calabria e Andria, le famiglie coprono rispettivamente solo il 20%, 31% e 32% della spesa.
In tutti i Comuni intervistati sono previste riduzioni tariffarie, ma sono applicate in maniera totalmente varia. 40 Comuni su 45 applicano le agevolazioni su base economica, ponendo ognuno una soglia Isee differente; 35 Comuni modulano le tariffe anche a seconda della composizione familiare; 13 Comuni anche sulla base di disagi sociali o segnalazione dei servizi; infine quattro Comuni riducono la tariffa anche per i nuclei familiari con disabilita'. Queste differenze di tariffe e di accesso in alcuni casi hanno portato le famiglie ad autoescludere i propri figli dal servizio e a provvedere in autonomia al pasto dei bambini. Nell'ultimo periodo si e' assistito al proliferare di cattive prassi dei Comuni relative alla esclusione dalla refezione scolastica dei bambini figli di genitori in ritardo con i pagamenti. Su 45 Comuni, nove hanno confermato la sospensione del servizio mensa per quei bambini che provengono da famiglie in situazione di morosita', mentre gli altri 36 non si rivalgono sugli alunni in caso di insolvenza, ma attivano una procedura di recupero crediti senza la sospensione del servizio.
"Le disparita' di trattamento tra i Comuni possono causare effetti discriminatori sui bambini. Il criterio della residenza per esempio, spesso penalizza famiglie che vivono nei dintorni delle citta' e che sono meno abbienti. Inoltre, la risposta delle amministrazioni di fronte ai genitori in ritardo con i pagamenti, anche questa totalmente disomogenea, spesso stigmatizza ed esclude i bambini le cui famiglie non hanno avuto la possibilita' di pagare la retta, in totale contraddizione con le finalita' educative e sociali della mensa stessa", conclude Antonella Inverno, responsabile Policy e Law di Save the Children.
(Wel/ Dire)