(DIRE- Notiziario settimanale Minori) Roma, 18 mar. - In Emilia-Romagna le madri detenute spesso vengono trasferite nel carcere della Dozza a Bologna, l'unico dotato di sezione con asilo, e ora l'amministrazione penitenziaria vorrebbe ristrutturare una parte del 'braccio' femminile della Dozza per adibirla a nido". La Garante dei detenuti Elisabetta Lagana', pero', non ci sta, esprimendo "il piu' netto dissenso" verso questa soluzione a "un problema insostenibile e inaccettabile che da 20 anni e' in attesa di una risposta: quello dei bambini nelle carceri, che al 29 febbraio erano 46 in tutta Italia".
Per spiegare la sua posizione, Lagana' si serve di un esempio preso proprio dal carcere Dozza, dove "vi e' una mamma con due bambini di 18 e cinque mesi, entrata il 3 marzo in custodia cautelare". Il bambino piu' grande, dice la Garante, manifestava "i tipici segnali derivati dal permanere in un luogo assolutamente incompatibile con l'infanzia: forte stato di agitazione, pianto, angoscia e ribellione, pugni picchiati contro la porta della sala colloqui quando veniva chiusa". Atteggiamento che combacia con "quanto evidenziato in molte ricerche, in cui si evince come la 'sindrome di prisonizzazione' vissuta dalla madre puo' facilmente ed inevitabilmente essere trasmessa al figlio che vive nello stesso luogo". Da tempo, invece, Lagana' rimarca "che la casa protetta e' l'unica soluzione rispettosa per madre e bambini, esprimendo forti perplessita' sulla costruzione di un Icam (Istituto a custodia attenuata per detenute madri con figli) per la Regione Emilia-Romagna, come era stato annunciato negli scorsi anni", che pero' al momento "sembra fortunatamente improbabile, considerati i drastici tagli economici dell'Amministrazione penitenziaria".
In ogni caso, la Garante considera "indifferibile una soluzione urgente per chiudere definitivamente la questione della presenza dei bambini in carcere". Le normative del "Decreto 8 marzo 2013-Requisiti delle case famiglia protette", ricorda Lagana', "affermano che il ministro della Giustizia puo' stipulare con gli Enti locali convenzioni per individuare le strutture idonee ad essere utilizzate come case protette", la cui realizzazione rappresenta "uno snodo fondamentale per la piena applicazione della legge 62/11, in quanto consente ai destinatari della norma, se sprovvisti di riferimenti materiali ed abitativi, di evitare l'ingresso in strutture penitenziarie, seppur a custodia attenuata quali gli Icam che pero' rimangono ancora previsti per le situazioni in cui si ravvisa una particolare rilevanza cautelare".
Il problema, tira dritto la Garante dei detenuti, e' "la contraddizione tra le normative tra madri in posizione giuridica non definitiva e quelle definitive, per cui un presunto innocente e' ritenuto tanto pericoloso da sacrificare la tutela del minore e della maternita', mentre un acclarato colpevole non e' pericoloso e le esigenze della sua sanzione devono cedere di fronte alla tutela della maternita'". Tornando sul piano locale, quindi, secondo Lagana' "anziche' ristrutturare la sezione nido della Dozza si potrebbe realizzare, con un accordo tra Regione e ministero, la costituzione di una struttura prevista dalle normative per le case famiglia protette", anche se, chiosa, "andrebbe stabilito un immediato termine definitivo perche' nessun bambino entri piu' in carcere, con conseguente rapida attivazione delle risorse esistenti, che sono molte".
(Wel/ Dire)