Filippetti (IdO): Bilinguismo non crea caos con genitori madrelingua
(DIRE - Notiziario settimanale Minori) Roma, 15 lug. - "Il bilinguismo non crea confusione, ma ha senso laddove i genitori siano madrelingua perche' la lingua che arriva al figlio e' sempre quella del cuore". Rassicura ogni dubbio Chiara Filippetti, psicoterapeuta responsabile del servizio Scuola dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma, che alla sua bambina parla in italiano, vivendo in Italia. Il padre e' invece americano e con la figlia ha sempre comunicato in inglese.
"Le parlo in italiano perche' e' la mia lingua- continua la mamma- il richiamo affettivo e' importante. La lingua e' anche tono della voce e trasporto emotivo. Per questo motivo posso confermare che il bilinguismo non crea confusione se ogni genitore comunica con il figlio utilizzando la propria lingua madre, con la quale egli non trasmettera' solo parole ma tutte le emozioni che aiuteranno il bambino ad apprendere su un piano diverso".
Le famiglie bilingue sono molto diffuse in Italia. "Ho una carissima amica ceca con il marito americano. La figlia, che vive a Roma, e' cresciuta con la madre che le parla in ceco e il padre in inglese. Bisogna tener duro- aggiunge l'esponente dell'IdO- perche' si e' portati a parlare la lingua del paese di accoglienza. Inizialmente questa bambina faceva confusione ma poi ha iniziato a separare le lingue. Non ha una costruzione linguistica ricca come la puo' avere mia figlia, tuttavia nel tempo arricchira' il suo vocabolario".
Al giorno d'oggi "moltissime famiglie benestanti iscrivono i figli alle scuole internazionali, agli asili bilingue e trilingue per sostenere il bilinguismo, ma non si rendono conto che la lingua e' legata all'affettivita'", ripete la psicoterapeuta, "senza nulla togliere che anche li' si possa creare un rapporto affettivo con l'educatore". Mettere pero' un figlio in un asilo bilingue ha senso, secondo Filippetti, "se gia' a casa e' presente un bilinguismo e il bambino ritrova questo equilibrio anche quando va a scuola. Altrimenti, per acquisire la conoscenza di una seconda lingua, si possono tranquillamente attendere i sei anni e l'ingresso in prima elementare. Certo- sottolinea la psicologa- questo implicherebbe che la lingua venisse insegnata veramente bene, attraverso l'ausilio di docenti madrelingua e di laboratori. In questo caso non ci sarebbe bisogna di nessuna anticipazione".
Quando "mandiamo i figli nelle scuole internazionali- continua la psicoterapeuta- dobbiamo renderci conto che li' la lingua viene vista come una prestazione piu' che un coinvolgimento attraverso il gioco e l'affettivita'. Cio' che passa non sono i sentimenti e le lingue risultano fredde e impostate. Pensiamo invece alle tate che parlano bene l'inglese e che sono molto legate ai bambini. In questi casi la lingua la imparano perche' passa attraverso l'affettivita', il gioco e l'emotivita'. A mia figlia faro' frequentare la scuola italiana fino ai sei anni, anche se non siamo la Svezia". Nel paese scandinavo "tutti parlano inglese perche' non esiste il doppiaggio e in tv ogni programma e' in lingua originale. In piu' l'inglese e' insegnato molto bene a scuola, dalla prima elementare in poi, con piu' ore realizzate nei laboratori. Hanno un reale bilinguismo".
Si dice che un bambino "possa crescere tranquillamente con cinque lingue straniere. Magari sara' piu' lento e acquisira' bene il linguaggio piu' tardi, poiche' impieghera' piu' tempo a costruire una frase completa e a separare le lingue, ma piano piano incrementera' il vocabolario. Andra' a rilento, pero' alla fine si ritrovera' con due lingue diverse. Nel mio lavoro molti bambini con disturbi del linguaggio sono spesso minori che vivono in famiglie in cui entrambi i genitori non parlano italiano, manca quindi la controparte italiana e questo significa che parleranno la lingua del paese ospitante solo all'esterno". Anche Filippetti e' cresciuta con una madre che le parlava in una lingua straniera: "A mia volta ho una mamma ungherese, cresciuta in Svezia con genitori che le parlavano ungherese. Conosceva tre lingue: ungherese, svedese e tedesco (trascorrendo le sue estati in Germania). A me parlava in tedesco quando ero piccola- conclude- e questo mi ha aiutata a sviluppare da adulta un'ottima pronuncia nell'inglese".
(Wel/ Dire)