(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 29 gen. - In un nuovo rapporto, Amnesty International ha reso noto che decine di minorenni stanno languendo in attesa della pena capitale in Iran. Il rapporto, intitolato "Diventare grandi nel braccio della morte", smaschererebbe le autorità iraniane che cercano di negare le costanti violazioni dei diritti umani dei minorenni, spiega l'organizzazione.
Secondo Amnesty, le autorità iraniane continuano a consegnare bambini e ragazzini al boia proprio mentre pubblicizzano riforme di facciata che, però, non puntano ad abolire la pena capitale per le persone giudicate colpevoli di reati commessi quando avevano meno di 18 anni. "Il rapporto evidenzia la vergognosa violazione dei diritti dei minorenni in Iran, uno dei pochi paesi al mondo che prosegue a mettere a morte persone che al momento del reato non avevano raggiunto i 18 anni, in flagrante violazione del divieto assoluto sancito a livello internazionale", dice Said Boumedouha, vicedirettore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
"Nonostante alcune riforme nel campo della giustizia minorile- sottolinea Boumedouha- il paese non sta al passo col resto del mondo, mantenendo in vigore leggi che consentono di condannare a morte bambine di nove anni e ragazzi di 15". Negli ultimi anni, le autorità iraniane hanno dato molta enfasi alle modifiche al codice penale islamico del 2013, a seguito delle quali il giudice può decidere per una pena alternativa, basandosi sul suo giudizio discrezionale circa la crescita mentale e la maturità raggiunta dal reo minorenne al momento del reato, prosegue il vicedirettore del programma. In pratica, però, la normativa mette a nudo il mancato rispetto degli impegni assunti dall'Iran oltre 20 anni fa, con la ratifica della Convenzione delle Nazioni unite sui diritti dell'infanzia, che vieta appunto la pena di morte nei confronti dei minorenni al momento del reato.
L'Iran, dunque, avrebbe l'obbligo giuridico di considerare tutte le persone al di sotto dei 18 anni come minorenni e di assicurare che non siano mai condannate a morte o all'ergastolo senza possibilità di rilascio. Ma in realtà, dal 2005 al 2015, rivela il rapporto di Amnesty International, l'Iran ha messo a morte 73 minorenni al momento del reato. Altri 160, secondo le Nazioni unite, sono in attesa dell'esecuzione nei bracci della morte del paese. Il timore dell'organizzazione è che i dati effettivi siano molto più alti.
Amnesty International, comunque, ha identificato i nomi di 49 minorenni condannati a morte per reati commessi quando avevano meno di 18 anni, e anche le prigioni in cui sono reclusi. In media, la maggior parte di loro si trova nel braccio della morte da sette anni, alcuni da più di dieci anni. "Il rapporto rivela un'inquietante realtà, fatta di rei minorenni che languono nei bracci della morte, derubati di anni importanti della loro vita e condannati alla pena capitale spesso dopo processi irregolari, anche a seguito di confessioni estorte con la tortura", prosegue Boumedouha.
Il rapporto, poi, evidenzia una tendenza: i rei minorenni che hanno chiesto un nuovo processo vengono giudicati mentalmente maturi all'epoca del reato e dunque ancora una volta condannati a morte. "I nuovi processi e le altre riforme di facciata erano state salutati come possibili passi avanti nel campo della giustizia minorile in Iran, ma è sempre più evidente che si tratta di procedure bizzarre che danno luogo a esiti crudeli", commenta Boumedouha. In alcuni casi, i giudici hanno concluso che il reo minorenne era "maturo" limitandosi a porgli qualche domanda banale: ad esempio, se si rendesse conto che uccidere un essere umano è sbagliato. I giudici, insomma, confermebbero regolarmente il tema della mancanza di maturità per via dell'età con la ridotta responsabilità di persone con disabilità mentale, per arrivare a concludere che un reo minorenne non è "affetto da insanità" e merita dunque la pena di morte. Fatemeh Salbeh, per esempio, è stata messa a morte nell'ottobre 2015 per aver ucciso il marito che era stata costretta a sposare a 16 anni. E' stata condannata a morte per la seconda volta dopo un processo durato poche ore in cui la valutazione sulla sua maturità mentale si è basata su una manciata di domande, tra le quali se usasse pregare o se studiasse testi religiosi.
In altri cinque casi, Hamid Ahmadi, Amir Amrollahi, Siavash Mahmoudi, Sajad Sanjari e Salar Shadizadi sono stati nuovamente condannati a morte dopo che il giudice aveva deciso che gli imputati avevano compreso la natura del reato commesso e non erano insani. "La vita o la morte di un reo minorenne non possono essere lasciate al capriccio dei giudici. Invece di introdurre riforme clamorosamente inadeguate, le autorità iraniane dovrebbero riconoscere che ciò che è davvero necessario è commutare tutte le condanne a morte nei confronti dei minorenni al momento del reato e porre definitivamente fine all'uso della pena di morte in questi casi", conclude Boumedouha. Nel momento in cui l'Iran fa rientro nella diplomazia internazionale, dice Amnesty, è fondamentale che i leader mondiali usino i nuovi canali aperti con Teheran per parlare alle autorità iraniane dei casi descritti nel rapporto e per sollecitarle a commutare subito tutte le condanne a morte emesse nei confronti dei rei minorenni.
(Wel/ Dire)