(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 29 gen. - "In Italia 24.000 scuole sono in aree a rischio sismico mentre 7.000 sono in aree a rischio idrogeologico. Il nostro però è il paese del paradosso. L'istituzione di un osservatorio per l'edilizia scolastica, previsto dall'articolo 6 della legge 23 del 1996, rilanciato con forza lo scorso 8 gennaio, non contempla, ad oggi, la rappresentanza del mondo geologico, soggetto professionale determinante nella pianificazione e nella gestione delle situazioni di rischio, connesse sia a quello sismico che a tutte le possibili cause di rischio idrogeologico (frane, alluvioni) nonché ambientale". Così Domenico Angelone, consigliere nazionale dei geologi. E, proprio i geologi si rivolgono al ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini, al quale scriveranno. "Una particolare riflessione va riservata agli edifici scolastici, oggi oggetto di attenzione da parte del governo che ha istituito un osservatorio per l'edilizia scolastica al Miur", dice il consigliere.
Lo stato di conservazione degli edifici, spiega, "lo stato dei solai e ogni altra azione volta a rafforzare la sicurezza degli edifici scolastici, manca di un substrato di conoscenza legato alla natura del sottosuolo, la cui costituzione può nascondere insidie tali da vanificare ogni azione". Ed è questo il grido di allarme che il Consiglio nazionale dei geologi lancia al mondo politico per le future azioni di programmazione. Ecco l'appello al ministro: "Che si crei sinergia tra le varie componenti del mondo tecnico e politico al fine di dare un senso compiuto al prezzo che il Paese ha pagato negli eventi di San Giuliano di Puglia- prosegue Angelone- e della Casa dello studente dell'Aquila. La mancata prevenzione è costata all'Italia ben 240 miliardi di euro e tanti morti. Dal 1944 al 2012. Dicono i dati a disposizione dei geologi, sono stati ben 240 miliardi di euro i costi della mancata prevenzione intesi come danni provocati da eventi naturali, di cui il 75% è da attribuire ai terremoti e il restante al dissesto idrogeologico. Il fatto è che "si contempla esclusivamente il danno economico sofferto senza prendere in considerazione l'insanabile danno morale che segna per sempre le popolazioni vittime di disastri naturali", sottolinea Angelone. "Troppo spesso, spenti i riflettori sulla sciagura del momento si tende a dimenticare la paura di questi giorni in Molise rievoca i fatti di San Giuliano di Puglia, a testimonianza che il terremoto porta con sé una componente poco considerata, quella devastazione interiore delle popolazioni locali che mai potrà essere cancellata dall'animo di chi ha vissuto tragedie". E ancora, va avanti Angelone, "è inaccettabile che in un paese che si definisce moderno faccia fatica ad essere accettato il ruolo delle scienze della terra nella pianificazione di ogni azione antropica. La distanza siderale che divide il nostro paese ancora troppo incardinato a logiche numeriche disgiunte dalle reali esigenze di sviluppo e di prevenzione, dai paesi che notoriamente vivono le emergenze con naturalezza e consapevolezza, tende ad aumentare sempre più, nonostante i segnali che la natura ci invia in maniera continua ed incessante", continua. "Paesi come Usa, Giappone, paesi Nord europei hanno raggiunto da decenni una tale maturità da considerare i rischi naturali come naturali manifestazioni di un pianeta che vive, instaurando con la natura politiche di pacifica convivenza e non di sfida continua". I tagli orizzontali operati dal governo nei confronti dei Dipartimenti di Scienze della terra, inoltre, "sono in assoluta dissonanza con le reali condizioni di un paese che gode di un triste primato forse a livello mondiale: dal rischio sismico a quello idrogeologico, a quello vulcanico". Ciononostante, in riferimento al rischio sismico, attacca il geologo, "ci si ostina a non voler accettare che la causa principale dei disastri, sia in termini di perdite di vite umane oltre che patrimoniali private e pubbliche, storico artistiche, è da ricercare non negli effetti che intrinsecamente il sisma porta con se, ma nella natura del sottosuolo che a volte può costituire veicolo di amplificazione del terremoto". In tutti i casi, negli ultimi terremoti distruttivi dell'Appennino (Emilia, Lombardia, Veneto, Abruzzo o San Giuliano di Puglia), la distribuzione del danno "segue in maniera perfettamente sovrapponibile le condizioni di sito, legate alla natura locale del sottosuolo", conclude il geologo.
(Wel/ Dire)