(DIRE- Notiziario settimanale Minori) Roma, 12 feb. - "Emmanuel is dead". Emmanuel e' morto, ha scritto dalla Nigeria qualche giorno fa, la madre di un bambino di 11 anni che, da piu' di cinque mesi, con un'anemia falciforme, aspettava il trapianto del midollo osseo. L'email, ultima di una serie cui era appesa la vita del piccolo, e' indirizzata a quel che resta dell'Istituto mediterraneo di Ematologia: una porta chiusa. I suoi soci fondatori, i ministeri della Salute, dell'Economia, degli Esteri e la Regione, hanno deciso di sopprimerlo dopo che, per piu' di 12 anni, e' stato l'avamposto italiano a Roma per il trattamento delle malattie del sangue trasmesse geneticamente (talassemia, anemia falciforme) in centinaia di piccoli pazienti dei Paesi del Mediterraneo, dell'Africa subsahariana e di altre zone povere del pianeta.
L'Istituto, ospitato nei locali del Policlinico Tor Vergata, ha cessato la sua attivita' clinica il 10 settembre scorso, dopo lo sfratto arrivato dall'ospedale universitario, e ora, dal 3 gennaio, e' in liquidazione. Medici, biologi, farmacisti, infermieri, tecnici e impiegati, in tutto 72 persone, pero', non si rassegnano. "Chiudere un centro che costa una decina di milioni all'anno e' un misfatto", attacca Guido Lucarelli, direttore scientifico dell'Ime che fu, "tanto piu' grave perche', mentre curavamo i bambini, indirizzavamo i medici dei loro Paesi a contrastare patologie spesso fatali".
Annuisce Pietro Sodani, responsabile dei trapianti di midollo da donatori non compatibili. "Ecco un'altra email", dice, "e' di Nicol, mamma di una bimba di 7 anni, che dalla Spagna aspettava il disco verde per il trattamento della talassemia di sua figlia perche' li' non esistono centri che praticano trapianti da donatori incopatibili". Sodani sfoglia tra le carte e mostra un messaggio giunto dall'India: "È di un padre disposto a pagare 220mila euro per il trapianto del midollo osseo al figlio, un intervento che, per chi puo', costava al massimo 140mila euro che l'Ime reinvestiva nell'attivita' clinica".
"È doloroso", commenta Lucarelli, "assistere inermi alla soppressione di un centro cosi' affermato all'estero". Da un anno in qua, pero', di segnali che ne facevano presagire la fine ce n'erano stati. Prima, in settembre, dal Policlinico Tor Vergata, era arrivato lo sfratto (da eseguire entro la fine dell'anno scorso). Poi, nel novembre scorso, la commissione Bilancio del Senato aveva respinto un emendamento per rifinanziare le attivita' dell'Istituto. Preludi della fine. Segnali chiari, ma in contrasto con altri. Era il maggio scorso quando lo statuto dell'Ime aveva subito modifiche sostanziose. L'Istituto sarebbe dovuto diventare un'Agenzia per la cooperazione internazionale, uno strumento della nostra politica estera sanitaria. Cosi' avevano indicato i ministeri e la Regione. Poi, il 18 novembre, era giunto il contrordine definitivo. Una pietra tombale sul destino dell'Ime. Da quel giorno, alla posta elettronica dei medici dell'Istituto che non c'e' piu' continuano a giungere richieste di aiuto; decine di email disperate da chi aveva (o ha ancora) bisogno di cure dall'Ime o da un centro che lo rimpiazzi. Invano.
(Wel/Dire)