(DIRE - Notiziario settimanale Minori) Roma, 16 dic. - "Mettere alla sbarra un ex bambino soldato, divenuto poi un leader sanguinario, e' un processo obbligato. La giuria potra' tenere conto dell'impossibilita' dell'imputato di scegliere il suo destino quando sara' chiamata a decidere della pena da infliggergli, ma tutte le morti causate non possono restare ignorate". Commenta cosi' Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva, la decisione della Corte penale internazionale (Cpi) di processare un ex bambino-soldato, Dominic Ongwen, divenuto poi uno dei capi dell'Esercito di resistenza del Signore in Africa.
Il 12 febbraio 2017 sara' la giornata Mondiale contro l'Impiego dei Minori nei conflitti armati, che nel mondo sono circa 250.000. "Nelle situazioni di conflitto i bambini sono spesso usati come scudo oltre che come combattenti. Non si tratta di una tragedia recente- chiosa lo psicoterapeuta- gia' nella guerra Iran-Iraq ricordiamo le decine di migliaia di minori trasformati in vittime portatori di morte senza possibilita' di scelta. E purtroppo c'e' molto poco da fare una volta terminata la guerra e catturati- sottolinea Castelbianco- perche' se da un lato e' vero che non hanno scelto questo destino, dall'altro tutte le uccisioni inflitte rappresenteranno per sempre dei segni indelebili nella strutturazione della loro personalita'".
In alcune aree difficili del mondo, "dove troviamo ad esempio organizzazioni terroristiche del calibro dell'Isis o di Boko Haram, l'obiettivo dei miliziani e' quello di raggiungere il piu' alto numero di soldati per poter combattere. Completamente 'plagiati', i bambini arruolati in questi eserciti della morte sono costretti anche ad ammazzare i propri familiari per dimostrare che sono forti e potenti e non essere uccisi a loro volta. Purtroppo- continua l'esperto- nel tempo questi minori raggiungeranno livelli altissimi di violenza, trasformandosi in persone estremamente crudeli. Diventeranno come i loro reclutatori".
La distruzione dell'infanzia riguarda tutti. "E' di pochi giorni fa la notizia di un bambino che viveva a Lecco e che e' stato portato in Siria dalla madre albanese. Vorrebbe tornare tra i banchi della sua scuola, ma al momento e' costretto ad imbracciare un kalashnikov. Che speranze avra' di salvarsi?- chiede lo psicoterapeuta- È chiaro che la possibilita' di tornare a una vita normale diventa estremamente complicata se sara' costretto ad ammazzare- conclude-, per quegli atti verra' giudicato e nessuno potra' mai far finta di niente".
(Wel/ Dire)