(DIRE - Notiziario settimanale Minori) Roma, 1 apr. - Durante un'interazione sociale il viso e' uno strumento essenziale per uno scambio reciproco tra due persone e la capacita' di riconoscere le emozioni altrui risulta essere una delle abilita' socio-cognitive piu' importanti per la sopravvivenza dell'individuo all'interno di un gruppo, poiche' essa permette di adattare il proprio comportamento al contesto sociale. Secondo le neuroscienze sociali si tratta di un'abilita' visiva altamente sviluppata che coinvolge numerosi sistemi neuronali e costituisce un ambito di ricerca di grande interesse per lo studio di diversi disturbi come ad esempio quelli dello spettro autistico (Adolphs, 2002).
L'autismo e' un disturbo dello sviluppo, caratterizzato da una compromissione grave delle capacita' dell'interazione sociale e della comunicazione verbale e non verbale, cosi come dalla presenza di ristretti pattern d'interessi e attivita' (stereotipie). Nel paziente autistico vi e' una mancanza d'attenzione implicita a stimoli socialmente rilevanti (come ad esempio volti e voci umane) (Klin et al., 2003). E la non capacita' di stabilire un contatto affettivo con un'altra persona e' indicato fin dalla prima descrizione di Kanner del 1943 come un sintomo caratteristico di questa sindrome. E i bambini autistici sono in grado di comprendere le emozioni che esprimiamo attraverso il volto? Numerosi studi hanno dimostrato deficit nell'elaborazione dei volti e delle espressioni facciali. I dati in letteratura indicano infatti che i pazienti autistici prediligono oggetti ai volti e che durante un'elaborazione emotiva dei volti, il paziente si focalizza sulla parte inferiore del viso (piuttosto che concentrarsi sulla parte centrale del viso insieme agli occhi), atteggiamento che rende piu' difficile la comprensione delle emozioni (Klin et al., 2002) Il recente sviluppo delle tecniche di neuroimaging consente d'indagare in modo non invasivo i meccanismi neurobiologici alla base di questi deficit. Studi di neuroimaging in pazienti con autismo dimostrano un mal funzionamento nel giro fusiforme, un'area del cervello specializzata nel riconoscimento dei volti umani e durante l'attribuzione di emozioni facciali (Critchley et al., 2000; Perlman et al. 2011).
Alcuni di questi studi registrano inoltre un'attivazione atipica nell'amigdala, un'area cerebrale deputata per l'elaborazione emotiva (Ashwin et al., 2007; Pelphrey et al., 2007). Rimane tuttora poco chiaro stabilire se il mal funzionamento di queste aree e' dovuto a una compromissione generale dei meccanismi neurocognitivi deputati all'elaborazione affettiva oppure a una tendenza di questi pazienti a non dedicarsi e guardare i volti. Infatti in uno studio, Dalton e collaboratori (2005) hanno scoperto che l'attivazione del giro fusiforme e dell'amigdala e' correlata positivamente con il tempo che un paziente autistico occupa a fissare lo sguardo nello stimolo target. Tuttavia, in un altro lavoro nel quale i partecipanti venivano sottoposti a scansione di neuroimaging durante la visione di oggetti e in alternanza di volti, i pazienti mostravano un'attivazione del giro temporale inferiore indistintamente durante l'elaborazione di volti e oggetti. Questa area cerebrale invece veniva attivata dal gruppo di controllo esclusivamente durante l'elaborazione di oggetti. Per l'elaborazione dei volti il gruppo di controllo dimostrava un'attivazione specifica nel giro fusiforme (Schultz et al., 2000). Questo lavoro sembra suggerire che pazienti con autismo (per lo meno a livello neuronale) sembrano elaborare i volti come oggetti inanimati.
Ma e' possibile migliorare la capacita' di elaborazione emotiva facciale con un trattamento specifico in questi pazienti? Sono stati sviluppati diversi programmi per migliorare la comprensione emotiva in pazienti con sindrome autistica. Essendo per questi pazienti l'uso del computer uno strumento di apprendimento preferenziale, una prospettiva innovativa per il training delle emozioni potrebbe derivare dall'utilizzo di interventi al computer e realta' virtuale (Golan et al. 2010).
Muovendosi in questa prospettiva, il gruppo di neuropsichiatria infantile dell'Universita' di Francoforte ha sviluppato un training al computer per l'attribuzione di emozioni in pazienti autistici: il Frankfurt test and training of facial affect recognition (abbreviato Fefa). Il Fefa e' un programma informatico di facile uso e installazione. E' composto da due moduli: il modulo "Test" per valutare la gravita' del deficit e il modulo "Training" sviluppato per la riabilitazione emotiva. L'applicazione del Fefa e' transculturale e realizzata sulle sei emozioni di base (felicita', tristezza, rabbia, sorpresa, disgusto, paura). Il modulo di training e' composto da 500 item con tre livelli diversi. Al livello 1 viene mostrato un volto e il paziente deve dire quale emozione viene espressa selezionando il nome di una delle sei emozioni suggerite. La risposta corretta e' associata a uno stimolo visivo e acustico. Se la risposta non e' corretta, sullo schermo compare la soluzione corretta accompagnata da una breve descrizione dell'emozione in questione (livello 2). Segue cosi il livello 3 nel quale viene illustrata una storia figurata e nuovamente il paziente deve scegliere l'emozione appropriata. La validazione ha dimostrato che si tratta di uno strumento innovativo ed efficace nelle attivita' cliniche con pazienti affetti da autismo (Bölte et al., 2002).
(Wel/ Dire)