(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 25 set. - Capire l'importanza della scuola in ospedale significa cogliere tutti i cambiamenti della popolazione pediatrica. "La medicina ormai guarisce polmoniti e malattie infettive, e rende possibile la sopravvivenza per quelle malattie infauste e purtroppo croniche. A queste si aggiungono nuove problematiche: i disturbi alimentari e le patologie legate al disagio sociale. Inoltre i trapianti sono aumentati, passando da 150 nel 2008 a oltre 300 oggi, e nell'ultimo anno 163 trapianti sono stati solo quelli del midollo". Lo fa sapere Lucia Celesti, responsabile accoglienza della Scuola in Ospedale del Bambin Gesù.
"Due le cose buone da fare per rendere migliore la vita dei pazienti: velocità, flessibilità, innovazione e capacità di adattarsi per anticipare il futuro. La seconda è il lavoro di squadra, che è anche un lavoro in rete. L'insegnante è sempre stato itinerante- spiega Celesti- fin dal 1975, l'anno di nascita della Scuola al Bambin Gesù. Siamo una realtà operativa che funziona sempre, tutti i giorni, compresi i sabati e le domeniche, con programmi personalizzati".
Cosa sta cambiando? "Si sta passando da un'ottica di struttura a un'ottica di sistema. Scuola, Day Hospital, casa. Gli insegnanti devono essere in grado di passarsi il testimone come una staffetta tra tutte le tappe che segue il paziente. Infine, questo modello ha anche una valenza di integrazione fortissima. Ai tavoli di studio delle case di accoglienza- conclude- ci sono bambini cambogiani, arabi, ebrei, russi e tanti altri, tutti insieme a studiare".
Ma cosa significa studiare in ospedale per gli stessi studenti - pazienti? "Studiare significa seguire quel poco di vita normale che riesco a vivere", dice un bambino della Cambogia. "La scuola in ospedale ci dà il senso della realtà quotidiana durante la vita ospedaliera", aggiunge Aurora, oggi 22enne. "Non rimanere indietro", continua Rosita, una 19 enne di Potenza; mentre per Giorgia e Federico è "un'esperienza breve che apre gli occhi, ma è anche un modo per distrarsi. Un diversivo".
(Wel/ Dire)