(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 20 mar. - "Un incoraggiamento funziona più di 89 rimproveri". Così Daniela Lucangeli dell'Università di Padova in occasione del workshop 'Scuola in ospedale e istruzione domiciliare'. Durante il seminario voluto dal ministero dell'Istruzione, è stato dato spazio agli esperti con una tavola rotonda a cui hanno partecipato, oltre alla Lucangeli, Federico Bianchi di Catelbianco, direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO); Michele Capruso dell'Università di Perugia; Gugliemo Trentin del CNR - Istituto tecnologie didattiche di Genova.
Che gli incoraggiamenti funzionino più dei rimproveri non significa fare una scuola del buonismo ma recuperare il "ruolo pedagogico- spiega Federico Bianchi di Catelbianco- un ruolo che è stato sostituito da una sanitarizzazione della scuola che ha visto la crescita esponenziale di certificazioni e patologie".
"E' importante- sottolinea Lucangeli- capire lo stretto rapporto tra le emozioni e la vita psichica, è un sistema integrato il nostro e ogni atto di vita psichica è accompagnato da emozioni. Ma cosa succede quando un bambino entra in uno stato di malattia? Questo network salta completamente". È qui che per poter svolgere al meglio il lavoro di insegnante, soprattutto in situazioni come quelle particolari dell'istruzione in ospedale, bisogna tener presente due aspetti importanti. "Il primo- continua Lucangeli- è la metafora del respiro: mentre inspiro porto dentro l'aria e il mio sistema cardiovascolare porta il tutto al sangue che nutre il mio organismo e butta fuori quello che si è sporcato. Portando però dentro anche batteri e virus se non ho un sistema immunitario buono mi posso ammalare, allo stesso modo funzionano la mente e le emozioni. Abbiamo un sistema che ha tre fasi: da fuori a dentro (assimilazione), da dentro a dentro (rielaborazione), da dentro a fuori. Nella scuola- prosegue Lucangeli- voi docenti fate proprio questo, trasmettete allo stesso modo del sistema respiratorio, ma non trasmettete solo conoscenza ma anche, e soprattutto emozioni. Queste possono essere di speranza o disperazione, di incoraggiamento o rassegnazione. Qui sta la grande differenza".
L'apprendimento infatti- specifica Castelbianco- non può essere diviso tra cognitivo e affettivo come succede in Italia, è necessario rivalutare l'importanza dell'empatia nel rapporto tra docente e ragazzo perché è questo che crea la spinta al fare e al progettare".
Il secondo aspetto da tener presente nel rapporto tra insegnante e alunno messo in evidenza da Daniela Lucangeli è il meccanismo dello sguardo ovvero l'intersoggettività comunicativa. "Abbiamo perso il guardare negli occhi, guardiamo le fotocopie o gli errori nelle schede. Voi gestite il potenziale umano nel periodo più intenso e più lungo per una persona soprattutto per i bambini ospedalizzati o costretti a casa dalla malattia fare scuola- conclude Lucangeli- significa dargli la possibilità di vedere oltre il dolore, questo innesca la visione prospettica e l'emozione della speranza".
E sono gli stessi alunni a dirlo, come Giulia che raccontando la sua esperienza ha raccontato: "Quando ho saputo di essere ammalata mi è crollato il mondo addosso, la scuola prima mi faceva sbuffare ora aspetto la professoressa come il sole dalle finestre. Oggi devo far sapere che l'incognita in una espressione è la cosa più bella che si possa desiderare e che ti possa accadere. Perché la scuola ti dà la speranza che ci sei oggi e che ci sarai domani".
(Wel/ Dire)