MINORI. Autismo, Di Renzo: Combattiamo derive ideologiche
Identificare segni precoci, attenti ad anticipazioni diagnosi
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 13 mar. - "Il genitore non deve occuparsi dei problemi della clinica ma i clinici devono lavorare di più per riuscire ad integrare i vari approcci sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico. Una sindrome importante su cui è necessario evitare atteggiamenti unilaterali e contrapposizioni. Ci sono dei punti in cui dobbiamo dire dove esistono convergenze tra l'approccio comportamentale e quello evolutivo e dove, invece, permangono delle differenze.
Combattiamo le derive ideologiche e stiamo nella clinica". Lo dice Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell'autismo (approccio evolutivo) dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma e psicoterapeuta dell'età evolutiva, alla conferenza stampa promossa da Paola Binetti, esponente della XII commissione Affari Sociali alla Camera, sulle iniziative politiche e sanitarie a favore dell'autismo.
"Entrambi gli approcci sono d'accordo sugli studi prodotti dalle neuroscienze e lavorano per migliorare la cognizione dei bambini- prosegue la psicoterapeuta- non cadiamo però nella convinzione che i comportamentali lavorino sulla cognizione mentre gli evolutivi sull'affettività. In questo modo riproporremmo la stessa scissione di cui è portatore il bambino con sviluppo atipico".
Di Renzo invita a considerare tutte le componenti dello sviluppo: "La differenza tra approcci risiede negli strumenti utilizzati, ma gli obiettivi sono gli stessi. Nell'età evolutiva la psicoterapia non potrà essere mai verbale, e nel nostro approccio noi usiamo il corpo come strumento psichico per aiutare il bambino a modificare le sue atipie e trovare un senso nelle sue stereotipie. Noi lo facciamo attraverso la motivazione per aiutare il piccolo a sviluppare una sua modalità diversa".
La valutazione dell'efficacia del trattamento è possibile e viene fatta costantemente: "Valutiamo quanto cambia il Quoziente intellettivo e quanto cambiano le scale quantitative. Questi sono i dati che devono essere scientificamente portati".
Di Renzo spende l'ultima parte del suo intervento sui rischi relativi alle anticipazioni di diagnosi: "Stiamo attenti ad identificare i segni precoci del disturbo e non a fare anticipazioni di diagnosi che possono essere molto dannose.
L'aumento dei numeri va anche addebitato a questo fattore. Allen Frances, uno dei più grandi studiosi che ha partecipato a tutto il movimento sul DSM V (il Manuale sui disturbi mentali) ci ricorda due capisaldi fondamentali della psichiatria e della psicopatologia: in caso di dubbio si diagnostica basso- chiarisce la psicoterapeuta, impegnata da 40 anni nel trattamento dell'autismo- e le diagnosi possono essere solo sequenziali. Nei bambini di due o tre anni vediamo, ad esempio- aggiunge Di Renzo- che spesso non viene contemplato il disturbo della regolazione sensoriale e il disturbo della regolazione emotiva, con il rischio di attribuire al minore una diagnosi autistica troppo precoce e altrettanto dannosa quanto il non fare diagnosi. Per questo motivo serve una collaborazione tra approcci, c'è ancora molto lavoro da fare per rispettare le singolarità di ogni bambino".
L'esperta conclude: "Le famiglie siano protette dall'entrare in dispute che non le riguardano, mentre gli specialistici entrino in campo con dati alla mano. Si commette un peccato di arroganza se si pensa di avere la soluzione al problema".
(Wel/ Dire)
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