Appello a Regione Lazio: Ripristini delibera scaduta due anni fa
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 23 gen. - C'era una volta una delibera della Regione Lazio che permetteva di accogliere e curare negli ospedali romani i bambini stranieri. Bambini gravemente malati, impossibilitati a curarsi nei loro paesi d'orgine, fuori dall'Unione europea. Kosovo, Iraq, Afghanistan, paesi africani. Dal 2001 al 2012, per dieci anni questo esempio virtuoso di allocamento dei soldi pubblici ha permesso a centinaia di bambini di continuare a vivere, grazie alle possibilità offerte dal sistema sanitario nazionale. Questa delibera non c'è più. Mancanza di fondi. Ma l'Associazione Kim non si arrende e rilancia. "Sono ormai due anni- dice il presidente dell'associazione Paolo Cespa- che chiediamo in tutti i modi nel silenzio generale delle istituzioni di ridare validità alla delibera regionale che dal 2001 al 2012, in virtù di un piano umanitario particolarmente dedicato a minori non appartenenti alla Comunità europea, garantiva il sostegno dei costi ospedalieri agli stranieri provenienti da Paesi che non erano in grado di attivare cure adeguate".
In pratica funzionava così: "La Regione creava un fondo dedicato alla copertura dei costi ospedalieri. I fondi non passavano attraverso le associazioni come la nostra, ma coprivano direttamente le spese degli ospedali. La richiesta partiva dall'associazione, passava per una commissione sanitaria della Regione la quale reputava se il caso segnalato era affrontabile, dopodiché la Regione emetteva una delibera ad hoc per ogni bambino. L'ospedale si assumeva l'onere della cura. La delibera veniva rinnovata ogni due anni". Ma, dichiarata l'impossibilità della Regione a disporre di fondi adeguati (fondi che per il 2009/2010 erano pari ad 3 milioni di euro l'anno e che per il 2011 si erano già assottigliati al milione di euro residuo dei due anni precedenti) il programma fu ridotto dal gennaio 2012 ai soli casi umanitari già attivi, per poi essere chiuso definitivamente al 31 dicembre 2012 anche per questi. Insomma: dal 2013 non solo viene a mancare la possibilità di accogliere e continuare a curare minori con patologie gravissime, lasciati al proprio destino nei loro paesi d'origine, ma addirittura vengono lasciati soli anche quelli già impegnati nel difficile e dispendioso percorso terapeutico sui cui si era precedentemente investito.
"Faccio solo un esempio- continua Cespa- nel dicembre 2013 ci viene segnalata una bambina in Kosovo nata con una gravissima patologia cardiaca, al Bambin Gesù ci dicono che va operata entro gennaio ma che l'intervento e le cure sarebbero venute a costare 48.000 euro. Poniamo il problema alla Regione. Niente. Riusciamo a raccogliere 12.000 euro di donazioni. Facciamo un accordo con l'ospedale per una rateizzazione, ma per problemi burocratici si arriva al 9 gennaio. Chiamiamo per organizzare il trasferimento della bambina, risposta: è morta il 29 dicembre 2013".
Per le docici stanze del centro d'accoglienza dell'Associazione Kim sono passati fino al 31 dicembre 2013 397 nuclei familiari, assistiti e curati dal personale dell'associazione e dagli ospedali romani. Tutte "pratiche" risultato di valutazioni, tempo, impegno, scambio di comunicazioni, costi. "Ed è per questo che ci rivolgiamo direttamente a Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e tutte le massime istituzioni nazionali. Come ho scritto in una lettera aperta, in un recente incontro pubblico presso la Camera dei deputati, Zingaretti ha affermato che lo Stato deve costituire un'impalcatura che consenta l'inclusione nel godimento dei diritti; che gli errori e le carenze devono essere corretti. Ha detto che i diritti devono essere 'mangiabili' da chi ha bisogno, che l'integrazione socio-sanitaria deve diventare la cultura del buon governo per non lasciare escluso nessuno anche in termini qualitativi. Dove risiedono i diritti proclamati dalla Convenzione internazionale? Cosa sta facendo la nostra Regione in questo ambito? Non posso non ricordare i nostri bambini deceduti e quelli cui non possiamo garantire noi le cure. Quanto è disponibile a fare per salvaguardare e ripristinare il diritto alla salute dei bambini, indipendentemente dal loro Paese di provenienza? La nostra associazione non molla. Siamo cocciuti e determinati".
(Wel/ Dire)