(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 18 dic. - "Prima di parlare nel nome dell'Islam e di vietare i presepi nelle scuole per non offendere le altre religioni, i presidi dovrebbero chiedere ai musulmani quali siano i loro sentimenti nei confronti del Natale. Sono convinto che rimarrebbero molto sorpresi". Ad affermarlo è Wael Farouq, professore egiziano dell'Università Cattolica di Milano e dell'American University del Cairo. Il quale parla della polemica scatenata dalla decisione di un preside di Rozzano (Milano) che ha deciso di rinviare il concerto di Natale e di rimuovere il crocifisso in nome della laicità. Una decisione analoga è stata assunta in un asilo di Pietrasanta (Lucca), dove però il sindaco Massimo Mallegni è intervenuto disponendo che tutti e cinque gli asili allestiscano anche il presepe e non soltanto l'albero di Natale.
- FAROUQ, LEI IN QUANTO MUSULMANO SI SENTE OFFESO DAL PRESEPE? La nascita di Gesù è un miracolo divino riconosciuto dai musulmani e, anche se non abbiamo la tradizione di celebrare questa ricorrenza in modo religioso, anche per noi è un momento sacro nella storia dell'uomo. In quanto musulmani riconosciamo la particolarità di Gesù e il miracolo della sua nascita. Per i musulmani il presepe non è affatto offensivo, anzi è un omaggio a qualcosa che riconosciamo noi stessi. Gesù Cristo possiede, nel nobile Corano, uno status superiore rispetto agli esseri umani ordinari, ai profeti e agli inviati di Dio, incluso il profeta dell'islam Muhammad. Gesù Cristo, infatti, è la Parola di Dio e uno Spirito che da Lui proviene, deposto nel grembo di Maria Vergine (Sura delle donne, versetto 171).
- QUINDI NON CI SONO DIFFERENZE TRA CRISTIANI E MUSULMANI? Esiste una differenza, che riguarda la natura di Dio e di Gesù. Ritengo però che tutto questo background teologico non dovrebbe essere coinvolto nella discussione sul presepe e sulla celebrazione del Natale nelle scuole. Il vero problema è l'integrazione per mezzo della "rimozione": per integrare i musulmani, cioè, c'è chi pensa che si debba rimuovere la croce, o che per integrare gli omosessuali si debba aggredire la letteratura e la cultura della famiglia. È un modo di vedere ristretto e rigido che considera lo spazio culturale come uno spazio limitato, nel quale, a causa del "sovraffollamento" di culture, si deve tagliere un po' di spazio a una per darlo a un'altra. Ma la natura dello spazio culturale umano è proprio quella di essere senza limiti. Invece di cercare cosa rimuovere, dovremmo cercare cosa aggiungere e come costruire ponti. Così, secondo me, chi chiede di rimuovere la croce per rispettare i sentimenti dei musulmani non è nient'altro che l'altra faccia di chi vede nei musulmani un pericolo per la croce. - MA QUINDI LEI VUOLE DIRE CHE NESSUN MUSULMANO SI SENTIREBBE OFFESO DAL PRESEPE? Ci sono centinaia di casi di famiglie musulmane che hanno partecipato ai presepi viventi sotto le feste natalizie e che non hanno avuto alcun problema. In una scuola, Gesù Bambino è stato rappresentato persino da un ragazzino musulmano. Il vero problema quindi non è che cosa pensino i musulmani di Gesù Cristo. Piuttosto, la questione è se qualcuno abbia mai chiesto ai musulmani quali siano i loro sentimenti verso il Natale, prima di decidere di non fare il presepe per non offenderli. Oggi i musulmani sono strumentalizzati dai terroristi, dai politici e da qualsiasi portatore di una posizione ideologica. Tutti parlano per conto dei musulmani, ma nessuno parla con loro.
- RITIENE CHE VIETARE I PRESEPI SIA ANCHE UN SEGNO DI IGNORANZA? Chi vieta i presepi probabilmente non sa che in Egitto, Tunisia, Marocco e nella maggioranza dei Paesi islamici si celebra la Natività, e numerose famiglie musulmane allestiscono l'albero di Natale nelle loro case. C'è una grande differenza fra religione e cultura. Se la religione è un credo che possiamo accettare o rifiutare, la cultura è il frutto del movimento delle società nella storia, una formula umana che non può essere separata dal cuore e dalla lingua. Un cristiano egiziano dice: "Io sono di religione cristiana e di cultura musulmana". E penso che anche i musulmani in Europa siano così. La loro appartenenza culturale, che lo vogliano oppure no, è determinata dalla lingua, dai vestiti, dal cibo, dalle arti, dalla tecnologia, dal linguaggio della vita quotidiana, un mare sul quale navigano con la nave dei loro valori religiosi. Restare a terra, o farsi inghiottire dal mare, sono due cose in contrasto con il ruolo e lo scopo di questa nave.
(Wel/ Dire)