Esercito ha concesso a 53 adolescenti di tornare a casa
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 4 dic. - Sotto pressione da parte delle Nazioni unite e di gruppi per il rispetto dei diritti umani per il suo impegno finora mancato di congedare i minorenni sotto le armi, nei giorni scorsi l'esercito birmano ha concesso a 53 adolescenti di tornare alle proprie famiglie.
Si tratta dell'ultimo gruppo di reclute di quest'anno, per un totale di 146. Sono invece 699 quelle liberate da un sostanziale stato di schiavitù, a volte anche sessuale, dalla firma di uno specifico accordo con le Nazioni unite nel 2012. Un accordo che non solo va nel senso di ripulire l'immagine brutale delle forze armate birmane che hanno controllato il paese dal 1962 al 2010, ma anche favorisce la necessità di snellimento e di professionalizzazione avviata nel 2011.
Non si conosce, però, quanti tra i 300.000 effettivi delle forze armate siano oggi minorenni, e la piaga dei bambini-soldato ha sempre macchiato la reputazione dell'esercito birmano.
L'arruolamento, infatti, è frutto di rapimento o di coercizione, utile a rifornire le truppe di portatori, personale di servizio o uomini da porre in prima linea o nelle operazioni di sminamento durante le campagne militari. In particolare, nei territori abitati dalle etnie minoritarie le cui milizie conducono da lungo tempo un conflitto aperto contro il governo centrale birmano.
Le stesse milizie etniche, soprattutto le sette elencate dalle Nazioni unite come responsabili di questa pratica, tra cui l'esercito per l'indipendenza Kachin e l'esercito unito dello stato Wa, continuano per le fonti Onu a essere "costanti colpevoli" dell'arruolamento forzato di minorenni.
(Wel/Dire)