Lucangeli: L'umore modifica i processi del sistema nervoso
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 4 dic. - "Se un bambino mentre apprende fa fatica (perché quell'apprendimento è difficile) e sperimenta un'emozione di paura, tutte le volte che rimetterà in memoria quell'apprendimento metterà in memoria sia quella fatica che quell'emozione. Stabilizzerà quindi nel circuito di riorganizzazione che le neurofunzioni attivano sia l'apprendimento che il mantenimento dell'emozione disfunzionale".
Lo spiega Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo dell'Università degli studi di Padova, al XVI convegno nazionale dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) (qui tutti i video http://ortofonologia.it/?do=115#video).
"Il bambino impara l'impotenza- prosegue il vicepresidente della International Academy for Research in Learning Disabilities (Iarld)- impara che non è capace di leggere bene perché l'emozione che accompagna la funzione è antagonista al buon funzionamento. Quindi- continua- quando un soggetto apprende non si deve preoccupare di come apprende (contenuto e forma della competenza dell'abilità o della prestazione) ma di quali sono le emozioni, i circuiti vitali, che l'apprendimento determina. Se scindiamo questi meccanismi accadrà che una difficoltà (un ritardo o un'anomalia della funzione) possa diventare una condizione di disturbo, cioè potrà mettere il minore in una condizione di fatica maggiore attivando un corto circuito".
Quando si parla di disturbi del neurosviluppo, secondo Lucangeli, "non si possono tagliare a pezzi le funzioni biologiche e psicologiche. Né è possibile tagliare a pezzi gli stati mentali cognitivi verso quelli emotivi e verso quelli affettivi, perché gli scienziati che si occupano di biologia molecolare e fisica della materia hanno affermato con delle evidenze che siamo una centralina biochimica, come sistema nervoso centrale e periferico, che produce energia. Funzioniamo a Herz- precisa Lucangeli- dormiamo emettendo tre Herz e siamo svegli a nove Herz. Se mentre siamo svegli proviamo un momento di paura, questi Herz salgono a 11. Se proviamo angoscia aumentano a 15 e con la gioia a 17". Alcune ricerche, aggiunge, "mostrano infatti che l'andamento umorale modifica i processi, complessissimi, del meccanismo del sistema nervoso centrale e periferico". La docente preferisce allora parlare di 'warm cognition': "Le emozioni sono stati mentali e fisiologici, associate a delle modificazioni naturali o apprese. Nessun atto della vita psichica può distinguere questi due ambiti. Il flusso vitale non è settoriale".
- COSA SAPPIAMO DELLO SVILUPPO? "È una parola ad alta complessità- afferma la professoressa- lo sviluppo dipende molto dall'intesa che si instaura tra l'operatore e il bambino, in base alla richiesta di bisogno che il minore esprime".
- QUANDO I BAMBINI NON CE LA FANNO, CHE MODELLO ADOTTIAMO? "L'Organizzazione mondiale della Sanità dà una definizione di disturbo evolutivo. Non parla di patologia o psicopatologia ma di una condizione in cui il soggetto è consapevole di essere disturbato da un suo limite. Se non c'è questa condizione di consapevolezza, l'etichetta non è disturbo ma psicopatologia. Dunque- precisa- con i disturbi del neurosviluppo il modello di aiuto adoperato finora è di due tipologie, dicotomico (c'è, non c'è il disturbo) o maturazionale (a seconda di come aiutiamo i bambini, questi possono modificarsi ed evolversi). Vygotsky ci parla del principio dell'aiuto e del principio del potenziale umano che matura solo se il soggetto è aiutato ad ottenere il meglio di sé".
- COME SI AIUTA LO SVILUPPO? "I bambini si aiutano con tutto- risponde il vicepresidente Iarld- però ogni elemento va messo al suo posto. Non posso fare confusione su cosa dare nella diversità dei bisogni. Devo avere chiaro che ad ogni bisogno corrisponde un tipo di risposta piuttosto che un'altra. Per di più, oltre a servirmi di strumentazioni semplici, come il potenziamento dell'apprendimento, l'aiuto alla funzione, l'abilitazione di una competenza, che fanno tutte da cappotto, non c'è contraddizione se, nel mettergli il cappotto, lo abbraccio tanto. Un abbraccio di 30 secondi costringe l'amigdala a produrre i neurotrasmettitori dell'umore che ci fanno sentire meglio.
L'abbraccio implica una reazione biochimico-molecolare energetica che riguarda l'Io". Tom Scruggs, membro dell'Accademia Mondiale delle Scienze per le Learning Disabilities, diceva: "Immaginiamo il processo maturazionale come la situazione in cui un bambino si trova di fronte ad una scala su cui deve salire. La scala è il primo livello di aiuto che l'ambiente gli propone e si chiama esposizione dell'ambiente- spiega Lucangeli- che si crea quando l'ambiente dà tutti gli elementi per facilitare al minore la salita, e l'80% dei bambini sale da solo. Ma una percentuale di minori non ce la fa e necessita di uno stimolo esterno. Il primo livello più sofisticato di aiuto è la facilitazione. Il facilitatore è colui che aiuta il bambino abbassando i gradini, mettendo i corrimano o l'antisdrucciolo. Questo però non è ancora aiuto- prosegue- colui che aiuta deve saper fare l'analisi del bisogno e l'analisi dell'errore, ed è necessario un processo che si chiama intersoggettività".
- QUANDO SI FA LA DIAGNOSI? "Ci sono i tempi evolutivi che Piaget chiamava 'stadi' e che corrispondono ai processi maturazionali di tipo neurobiologico. Nel meccanismo delle finestre evolutive noi dobbiamo conoscere esattamente i fattori di rischio che sono propri di ogni finestra evolutiva per intervenire nel tempo giusto. A 18 mesi, ad esempio, il sistema nervoso centrale definisce l'intelligenza senso-motoria".
- QUALI SONO LE DUE EMOZIONI PIÙ FASTIDIOSE ANCHE SE UTILI? "Il senso di colpa e la paura sono le emozioni più potenti nella rete dei corto circuiti. Il nostro sistema educativo è basato su queste due emozioni, che nascono positive, perché il senso di colpa aiuta a limitare l'ego e a determinare la responsabilità, ma diventano poi il loro opposto. Per questo si chiamano antagoniste, perché determinano l'azione che combatte invece che coadiuva. Un'altra differenza da fare- conclude- è distinguere il dolore dalla sofferenza. Il primo ha una funzione che possiamo curare, il secondo è una dimensione che va elaborata e ha bisogno di aiuto".
(Wel/ Dire)