(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 24 apr. - "L'Italia non ha un ordinamento adeguato a garantire il diritto alla bigenitorialità". Lo dice Maria Giovanna Ruo, presidente della Camera nazionale Avvocati per la Famiglia e i Minorenni (CamMiNo), al convegno sui 'Figli contesi' a Roma.
"La sentenza 'Lombardo contro Italia' del 29 gennaio 2013 afferma proprio che l'Italia deve munirsi di un arsenale giuridico adeguato ad affrontare queste situazioni. Il nostro è un messaggio culturale- spiega la presidente- occorre un approccio multidisciplinare per costruire un'attenzione nell'ambito forense, e non solo, perché il diritto alla bigenitorialità è di tutti i figli. Anche l'Avvocatura deve accompagnare il genitore a cercare di contenere la rabbia che ha nei confronti dell'altro genitore: essere un pessimo partner non vuol dire essere un pessimo genitore". Con questo convegno CamMiNo vuole dare "impulso e spinta al legislatore ad assumere provvedimenti congrui".
Il diritto ad avere due genitori "costituisce la nostra identità- prosegue il legale- ed è importante per un miglior sviluppo psicofisico. Talvolta accade invece che ci sia un genitore che, senza un motivo fondato, neghi al figlio l'accesso all'altro genitore. Noi siamo dei giuristi- ricorda Ruo- non ci interessa tanto se ci sia la Sindrome da alienazione parentale (Pas) o meno. A noi riguarda il fatto che con questo tipo di comportamento alcuni diritti dei figli siano negati: il diritto all'educazione, che prevede il rispetto di entrambi i genitori,e il diritto al miglior sviluppo psicofisico, perché ognuno di noi ha bisogno di entrambi per svilupparsi al meglio e costruire a pieno la propria identità".
La Corte di Strasburgo "si sta occupando sempre più frequentemente di queste problematiche. Ci sono una serie di sentenza che prevedono un intervento robusto dello Stato, sempre che la funzione genitoriale del genitore negato non sia compromessa. La Corte europea dei diritti dell'uomo è severa- sottolinea il presidente di CamMiNo- dice che lo Stato deve assumere provvedimenti incalzanti per assicurare il diritto alla relazione del figlio col genitore, deve punire il genitore che nelle sentenze francesi è definito riottoso e riluttante (colui che ostacola il rapporto) anche con sanzioni di tipo economico, e deve dare la possibilità concreta al rapporto di svolgersi attraverso l'intervento dei servizi territoriali e di altri centri a supporto. Questi incontri- chiarisce Ruo- devono avvenire anche coattivamente, coercitivamente, nei confronti del genitore negato". La stessa Corte europea dei diritti dell'uomo "non esclude che anche il minore sia coercibile in alcuni casi. Rispetto al danno grave che riceve la sua psiche, mutilando la sua identità con il rifiuto di un genitore capace- continua Ruo- è talvolta preferibile che questo stesso minorenne sia spinto coattivamente ad incrontrare il genitore negato".
Le indicazioni della giurisprudenza italiana sono state illustrate, tra gli altri, da Maria Giovanna De Toma, presidente della sede romana di CamMiNo. L'avvocato ha fatto luce su due sentenze italiane che "l'anno scorso hanno avuto molta eco tra gli addetti ai lavori: quella del tribunale di Roma di giugno 2014 e il decreto del tribunale di Milano di ottobre 2013. Due pronunce che segnano lo Zenit e il Nadir sull'approccio che la magistratura ha avuto sulle condotte alienati nella relazione tra il figlio e il genitore negato".
Focalizzandosi sulla sentenza del tribunale di Roma, precisa: "Ha dato un messaggio chiaro, andando al cuore del problema: il giudice deve prendere le distanze da qualsiasi posizione ideologica. Il Tribunale di Roma ha affermato un principio- chiosa l'avvocato- indipendentemente dalle origini della triangolazione perversa, il genitore più referenziato si deve attivare per portare il figlio a ripristinare la relazione con il genitore alienato. Lo stesso principio è stato ribadito dalla Cassazione penale, che ha condannato quei genitori che ostacolano gli incontri. Anche le condotte omissisive - ovvero il non aver aiutato i figli a maturare un sano orientamento psicologico verso l'altro genitore - sono state condannate".
Dalla Legge 54 del 2006 sull'affido condiviso "la Corte costituzionale puntualizza che l'interesse del minore è il principio guida. La sentenza di Roma introduce quindi una norma che fa parte del processo esecutivo applicabile già ai sensi dell'articolo 614 bis del Codice di procedura civile- sottolinea il legale- condannando la mamma di una ragazza al pagamento di una somma giornaliera per ogni eventuale violazione di obblighi connessi alla cooperazione genitoriale. Ancora- conclude De Toma- ricordiamo la sanzione prevista dall'articolo 709 ter del Codice di procedura civile che ha introdotto un sistema sanzionatorio delle condotte non conformi agli oneri dell'affidamento condiviso".
(Wel/ Dire)