(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 14 mar. - Salvatore "capucchione", Nino "bottiglione" e io, detto "ferro filato" o "semmenzella", o ogni altro nomignolo che sintetizzasse uno scheletro andante in miniatura, abitavamo nello stesso palazzo. Secondo, quarto e sesto piano. E' il racconto di vita di un ex ragazzo di strada, scampato alla devianza grazie all'impegno sociale, quello che fa l'educatore Carmine Amato nel suo libro d'esordio, Il ragazzo sta bene cosi'.
Nelle strade di Napoli ho imparato a educare (Il Margine edizioni, pagg. 206, euro 15). Scritto sotto forma di veloce e ironica autobiografia, il libro ripercorre la storia di Carmine che da adolescente a dir poco vivace diventa educatore, fondando anche una cooperativa sociale - Il tappeto di Iqbal - e continuando ancora oggi a battersi per dare una seconda possibilita' a tantissimi ragazzi senza opportunita' come e' stato lui. Amato ha cominciato nel quartiere napoletano di Barra, dove la legalita' e' quasi una sfida culturale e dove molti bambini e adolescenti sono abbandonati a se stessi. "Per me e per i miei amici del quartiere - scrive Amato - la scuola e' sempre stata un dettaglio del nostro vivere quotidiano. Sotto la pseudosupervisione dei fratelli maggiori, le nostre madri ci avevano "sciolti" in mezzo alla strada alla tenera eta' di cinque anni. E nella strada trovavamo tutto quello che ritenevano interessante".
Sono gli anni '90, quelli del fiorire delle cooperative sociali e di figure come quelle degli educatori e dei maestri di strada. Uno di loro e' Marco Rossi Doria, che diventera' poi sottosegretario all'Istruzione nel governo Monti, ideatore e fondatore, con Cesare Moreno, del progetto Chance contro la dispersione scolastica, che ha sollecitato la scrittura del libro e vi ha contribuito anche con delle vignette disegnate di suo pugno, utili a fermare nella memoria i diversi momenti del racconto. Dai primi incontri positivi, a partire da quello con don Antonio il gommista improvvisatosi allenatore di calcio, un "attivatore dell'empowerment di comunita'", fino alle piu' consapevoli scelte di vita, Amato delinea una storia vera di emancipazione, ricca di particolari eppure veloce da leggere.
L'autore oggi lavora tra Granada e il Trentino e ancora si occupa di ragazzi che rischiano di essere dei "drop out". Il suo racconto nel complesso si inquadra, come ricorda Marco Rossi Doria nella prefazione, in una stagione di belle speranze per il welfare in Italia, soprattutto per i progetti per i minorenni, immediatamente successiva all'adozione della Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia. Una stagione purtroppo fallita, per un "disinvestimento culturale" prima ancora che politico, che ha abbandonato al loro destino le giovani generazioni.
Fonte: Redattore Sociale (Wel/ Dire)