"Grande falsità è colpevolizzazione madri. Aiutiamo i genitori"
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 17 gen. - La contrapposizione nell'autismo tra l'approccio cognitivo e quello psicodinamicao è dettata da una confusione. "Si tende a pensare che chi lavora con il primo limiti la sua attività all'aspetto cognitivo, mentre chi utilizza il secondo si concentrerebbe solo sulle emozioni. Si tratta invece di un rapporto tra emozione e cognizione che vive di interazioni costanti. Non si può dare cognizione se non c'è alla base un'emozione". Esordisce così Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell'età evolutiva e responsabile del servizio Terapie dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), alla conferenza internazionale Italia-Israele sull'autismo a Roma.
"Noi ci concentriamo nel vedere in che modo l'affettività e il corpo costituiscono la base per una futura strutturazione del mondo delle cognizioni e delle emozioni- prosegue l'esperta- in sintonia con tutte le teorie evolutive e una parte delle neuroscienze che collocano la nascita del pensiero negli stati affettivi primordiali. Sappiamo che non si può più negare la necessità di un approccio corporeo per comprendere gli stati mentali".
Nell'IdO il terapeuta è inteso come "il compagno vivo. Il suo ruolo è di richiamare il bambino alla vita risvegliandolo- chiarisce la psicoterapeuta- Esistoni molti stereotipi e luoghi comuni sull'approccio psicodinamico, ma in un disturbo così arcaico non si può non prendere come riferimento un approccio biopsichico".
Secondo Di Renzo "una grande falsità è quella della colpevolizzazione delle madri. Queste mamme devono essere solo aiutate a sintonizzarsi ai loro figli, perché nessun genitore è pronto ad affrontare da solo uno sviluppo di un bambino atipico. Non è centrale che la disfunzione sia neurologica, ciò a cui noi dobbiamo puntare è trovare gli strumenti per descrivere in modo non solo sintomatico questo sviluppo".
Per Di Renzo c'e' "bisogno di studiosi dello sviluppo per vedere l'uomo che il bambino diventerà. Chi lavora con questi minori ha l'obbligo di dover stare nel futuro pensando a un individuo che avrà una sua evoluzione. Il terapeuta deve vivere in una dimensione sempre di speranza e ci vuole molto impegno- conclude- per comprendere e capire i piccoli punti grazie ai quali è possibile sperare".
(Wel/ Dire)