(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 28 feb. - "A parte il piano straordinario del Governo Prodi, tutti gli ultimi governi hanno sottovalutato i diritti dei bambini", denuncia Lorenzo Campioni, presidente del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia. L'occasione è il convegno "Educazione e/è politica", cominciato questa mattina dal Centro Internazionale Loris Malaguzzi, e dedicato alla ricerca di strategie che rendano effettiva tale facoltà per tutti i bambini e le bambine. "Crediamo che sia il momento di firmare una legge che garantisca una continuità e una qualità indiscussa all'istruzione: vigiliamo attentamente sui disegni legge in materia appena depositati alla Camera e in Senato, perché solo un serio piano del governo può salvaguardare i servizi esistenti e proporne di nuovi. E se le cose non cambieranno, le ultime generazioni di amministratori passeranno alla storia come quelle che hanno svenduto e dequalificato i servizi per l'infanzia privando le nuove generazioni di un futuro. Chiediamo che la politica torni a essere responsabile anche dei cittadini più piccoli".
Cittadini: parola quanto mai opportuna anche secondo Daniele Manca, sindaco di Imola e presidente Anci Emilia-Romagna: "Se un bambino nasce qui, è italiano: è da questo presupposto che dobbiamo partire. E, fin da subito, devono essergli riconosciuti i diritti fondamentali. La politica deve rinnovare il linguaggio e definire nuove priorità: perché l'istruzione e il sapere non sono costi, ma investimenti straordinari". Manca ha parlato di crisi culturale, da cui è possibile uscire solo attraverso l'educazione e il sistema scolastico. Stefano Molina, dirigente di ricerca della Fondazione Agnelli di Torino, inscrive la situazione dei nidi e delle scuole per l'infanzia nel quadro più generale della condizione della famiglia in Italia, sottolineando innanzitutto il venir meno di una tensione ideologica ben presente, invece, 30 o 40 anni fa: "I Paesi Ocse, in media, investono il 2,6 per cento del Pil in attività educative: l'Italia, l'1,58 per cento, meno della metà di quello che investono Francia e Gran Bretagna. Non solo: nel nostro Paese le agevolazioni fiscali riservate ai genitori che scelgono di avere un figlio sono ridotte all'osso. Presa coscienza di questo, è facile capire come sia difficile anche solo ipotizzare una famiglia, per quanto desiderata". Altro elemento con cui il sistema dell'istruzione è chiamato a fare i conti, è l'onda delle seconde generazioni: nel 2012, a Reggio Emilia il 37,7 per cento dei nuovi nati aveva almeno un genitore straniero, caso non isolato: a Brescia, la percentuale sale al 46,8 per cento, a Piacenza al 44,8 per cento.
Sul piano straordinario del 2007 citato come unico buon esempio da Campioni, è intervenuta Roberta Ceccaroni, funzionario del Dipartimento Politiche della Famiglia del Consiglio dei Ministri: "Il piano straordinario ha messo a disposizione 616 milioni di euro, impiegati sino al 2012 dando vita a 55 mila nuove attività. Ma l'offerta è ancora troppo inferiore alla domanda, con una grandissima differenza tra Nord e Sud. Altro problema, è la manutenzione dei servizi e la sostenibilità della gestione, sebbene l'impegno dei comuni italiani tra 2004 e 2009 sia aumentato di oltre il 20 per cento. Andrebbe anche migliorata la comunicazione spesso latente tra i vari soggetti coinvolti".
A Reggio Emilia, secondo i dati presentati dall'assessore all'Educazione Iuna Sassi oltre il 30 per cento del bilancio comunale è investito in attività dedicate ai bambini dagli 0 ai 6 anni, ed è gestito da cooperative, associazioni e, solo per il 19% per cento dallo Stato. In un paio d'anni, la percentuale dei bambini iscritti ai nidi è passata dal 36 al 41,8 per cento, esaurendo la lista d'attesa. Nonostante 1.300 nuovi posti nella scuola dell'infanzia (negli ultimi anni, Reggio ha accolto 40 mila nuovi abitanti e cittadini da tutto il mondo che hanno contribuito a rendere la città la più giovane d'Italia) invece, le iscrizioni sono diminuite di 8 punti percentuali (dal 94 all'86 per cento): alcune famiglie, infatti, complici i tempi particolarmente duri, non richiedono più l'accesso alla scuola dell'infanzia per i figli, sebbene sia un loro diritto. "Andrebbe sempre ricordato che l'accesso gratuito all'istruzione durante il periodo della prima infanzia è un diritto, non un servizio, differenza travisata in tempo di crisi - puntualizzano Sonia Masini, presidente della Provincia di Reggio Emilia e Annamaria Palmieri, assessore alla Scuola di Napoli e membro della Commissione Istruzione e Scuola Anci Nazionale. "Per i servizi per l'infanzia, una visione prettamente economicistica è deprecabile. L'Europa ci chiede di investire nell'istruzione, ma obbliga all'austerità: come possono convivere queste due direttive?".
Fonte: Redattore sociale (Wel/ Dire)