(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 19 dic. - Sono al momento 2500 le firme raccolte e consegnate dalle associazioni da una petizione che chiede allo Stato italiano di mantenere l'impegno assunto nei confronti delle donne che si sono avvalse deldiritto alla segretezza del parto.
E' stata ricevuta dall'on. Carlo Leoni, Consigliere politico istituzionale della presidente della Camera Laura Boldrini, una delegazione composta da Donata Nova Micucci e Frida Tonizzo, rispettivamente presidente e consigliere dell'Anfaa, Andrea Sabbadini, rappresentante del Forum delle Associazioni Familiari e Loris Coen Antonucci, presidente dell'Associazione Nazionale "Astro Nascente - Adozione e Origini Biologiche", in rappresentanza dei promotori e degli aderenti all'appello/petizione al Parlamento e al Governo per la difesa del segreto del parto, la salute delle donne e il futuro dei bambini non riconosciuti. Nell'incontro sono state consegnate le firme finora raccolte on line (petizione su Change.org) e nei vari incontri e dibattiti, in cui sono stati approfonditi i contenuti e le proposte dell'appello stesso.La legge italiana consente ad una donna di partorire in ospedale, garantendo cosi' le necessarie cure sanitarie per se' e per il nascituro, anche nel caso in cui lei non intenda riconoscere il proprio nato, che viene cosi' dichiarato adottabile e immediatamente inserito in una famiglia adottiva."Sconcertante e superficiale" secondo i sostenitori della petizione la sentenza n. 278/2013 della Corte costituzionaleche ha dichiarato l'illegittimita' dell'articolo 28, comma 7 della legge184/1983 (l'attuale legge sull'adozione) che prevede che questi minori non possano ricorrere al tribunale, per conoscere l'identita' dei genitori biologici, prima che siano trascorsi 100 anni dalla loro nascita. Ora per rispondere alla sentenza della Corte Costituzionale, sottolineano i promotori, il Parlamento dovra' approvare un apposito provvedimento legislativo che "assicuri la massima riservatezza" alla donna che ha chiesto e ottenuto di non essere nominata e che consenta ad un Giudice di interpellarla "ai fini di una eventuale revoca di tal dichiarazione".In linea con la sentenza sono state depositate in questi anni almenosei proposte di legge, che chiedono che il diritto della madre a non essere riconosciuta sia bilanciato con l'interesse del figlio a essere informato. Sono circa 400 ogni anno i bambini non riconosciuti alla nascita in Italia. Solo 60 anni fa erano circa 5.000 i casi l'anno.E sono90 mila le mamme che si sono avvalse della legge sulla segretezza del parto dal 1950 ad oggi, non riconoscendo il proprio nato e consentendone l'immediata adozione.
I promotori dell'appello /petizionehanno evidenziato che questo testo, se approvato, avendo effetto retroattivo, rischierebbe di determinare conseguenze gravi ed irreversibili sulle oltre 90.000 donne che dal 1950 ad oggi hanno partorito il loro nato avvalendosi del diritto alla segretezza."Lo Stato, attraverso il Parlamento, - sottolineano - non puo' tradire l'impegno assunto nei loro confronti, approvando provvedimenti che, avendo effetto retroattivo, violerebbero il diritto all'anonimato che ha loro assicurato: ricercare a distanza di decenni queste donne, in mancanza di una loro preventiva rinuncia all'anonimato, metterebbe in pericolo la serenita' della vita che esse, sicure della segretezza loro garantita, si sono costruite nel corso degli anni, con gravi ripercussioni su di loro e sui loro familiari, spesso ignari di quanto avvenuto".
Hanno anche ricordato che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 278/2013, ha precisato che il Parlamento, nell'emanare una normativa che disciplini le modalita' di accesso all'identita' della donna che non ha riconosciuto il proprio nato, dovra' "cautelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato", diritto che, dunque, non solo non viene censurato ma, anzi, in essa trova conferma e rinforzo. "Per mantenere il diritto all'anonimato, solo alla donna che non ha riconosciuto puo' essere offerta la facolta' di recedere dalla decisione a suo tempo assunta e di esprimere la disponibilita' a incontrare il proprio nato: nei confronti di questa donna e di tutte coloro che hanno deciso di non riconoscere il loro nato, nessuno di noi puo' permettersi di dare giudizi. Si tratta di scelte dolorose e sofferte, che tutti noi dobbiamo rispettare, compresi, per primi, i loro nati a cui hanno dato il dono della vita".
Fonte: Redattore sociale (Wel/ Dire)