Terapisti devono trasmettere a mamme e papa' le loro conoscenze
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 9 ott. - Tra le questioni aperte nell'ambito del trattamento dell'autismo, c'e' la l'aspetto, spesso poco considerato, della "necessita' di lavorare con i genitori". Cosi' Filippo Muratori, docente di Neuropsichiatra Infantile dell'Universita' di Pisa, intervenendo al convegno 'Una vita con l'autismo', promosso da Paola Binetti a San Macuto.
I terapisti che si occupano del bambino "devono essere in grado di trasmettere alle mamme e ai papa' le loro conoscenze- spiega Muratori- fornendo quelle competenze, risorse e capacita' di relazionarsi e giocare adeguatamente con il proprio figlio". Questo lavoro "deve essere messo al primo punto dei piani di trattamento- sottolinea l'esperto- il bambino non interagisce non perche' oppositore, ma perche' non ha gli strumenti adeguati per relazionarsi con l'altro, o ha meccanismi tutti suoi che vanno scoperti. Bisogna che i terapisti la smettano di lasciare i genitori fuori dalla stanza".
Infine le linee guida dell'Istituto superiore di Sanita', che "vanno personalizzate sul paziente. Non sono rigide prescrizioni o liberatorie della decisione clinica medica di quello che va fatto con un certo soggetto, ma delle indicazioni. Spetta poi alla coscienza del medico, e alla sua capacita' di identificare l'individualita' di ogni bambino- conclude Muratori- prendere decisioni responsabili su cio' che sia opportuno fare".
"Serve una diagnosi e un trattamento precoce che parta anche prima dei tre anni di vita e il tener presente che in riviste importanti sono stati pubblicati lavori scientifici che non si rifanno solo alla validazione di trattamenti comportamentali", sottolinea Muratori. Oltre al "noto Dir/Floortime ci sono, per il trattamento precoce dell'autismo, due modelli che presentano studi molto piu' forti: l'Early Start Denver Model", di Sally Rogers e Geraldine Dawson, e il "PACT Model di Jonathan Green di stampo evolutivo. Su questi due approcci- continua Muratori- ci sono studi migliori e meglio pubblicati rispetto a quelli dell'Aba. I risultati sono gia' stati divulgati e hanno dimostrato un miglioramento sia nella componente autistica che nei profili di sviluppo".
Un'altra questione "aperta- commenta il neuropsichiatra infantile- riguarda cio' che viene fatto in Italia al di fuori dei trattamenti standardizzati. Abbiamo le 18-20 ore di insegnamento di sostegno e la frequentazione della scuola normale, che nel nostro Paese non vengono quasi considerate come fattore terapeutico". In realta' costituiscono "una risorsa economica dello Stato italiano non adeguatamente sfruttata- rimarca lo studioso- e questo e' un problema che deve essere posto in primo piano".
"Solo il 40% dei bambini autistici risponde al trattamento terapeutico. La questione che dovremmo porci oggi e' come raggiungere quel 60% di minori che non migliorano con le terapie abituali". E' la domanda di Filippo Muratori. "Non esiste un approccio solo che funzioni per tutti i soggetti affetti da questa sindrome- prosegue il docente- tutte le terapie funzionano in una percentuale di bambini, quindi bisogna andare a vedere quali sono i fattori all'interno del trattamento che risultano efficaci. Oggi abbiamo una gamma di terapie tali per cui e' possibile scegliere cosa sia meglio utilizzare per ogni singolo bambino".
La ricerca sull'autismo "e' arrivata a un punto molto evoluto- precisa- e questo vuol dire che dobbiamo trovare la personalizzazione giusta della terapia". Per Muratori "l'Applied behavior analisys (Aba) non va demonizzato, ma certo non si puo' dire che sia l'unico approccio terapeutico per l'autismo. C'e' sempre un 60% di bambini che non risponde e che noi dobbiamo raggiungere".
(Wel/ Dire)