Eliminato comma 2 punto 5.1. Su ambulatoriale ritorno a origini
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 15 nov. - Si e' pronunciato l'11 novembre il Tribunale amministrativo regionale (Tar) per il Lazio accogliendo il ricorso proposto dall'Associazione famiglie di disabili intellettivi e relazionali (Anfass) di Cisterna di Latina, con l'intervento della Federazione degli organismi per l'assistenza alle persone disabili (Foai), e prevedendo l'annullamento del comma 2 del punto 5.1 del "decreto del Commissario ad acta per l'emergenza sanitaria nella Regione Lazio n.39 del 20 marzo 2012, recante 'Assistenza territoriale - Ridefinizione dell'offerta assistenziale residenziale a persone non autosufficienti, anche anziane, e a persone con disabilita' fisica, psichica e sensoriale', nonche' di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale".
Una sentenza definitiva ed esecutiva che toglie la squalifica ai professionisti dei centri di riabilitazione e riduce i tempi di attesa dei pazienti, eliminando le difficolta' originate dal comma 2 del punto 5.1. In sostanza il paziente, se con il decreto 39 doveva avere una prescrizione di uno specialista della Asl o ospedaliero per accedere ai centri accreditati, adesso puo' rivolgersi anche al medico di base o al pediatra superando una burocrazia che squalificava gli specialisti dei centri accreditati. Si ritorna quindi alle origini, prevedendo per l'assistenza ambulatoriale la prescrizione del medico privato e l'elaborazione del progetto di riabilitazione da parte dei centri accreditati. Da oggi i professionisti di questi centri potranno recuperare il loro ruolo avendo tutti i requisiti per fare diagnosi e definire i progetti riabilitativi e le terapie. Il ricorso, notificato il 6 luglio 2012 e depositato il successivo 8 agosto, espone, "in fatto, che con particolare riguardo alle persone disabili aventi bisogno di interventi di riabilitazione sono state emanate le Linee Guida del ministero della Sanita' del 7 maggio 1998 che, tra l'altro, definiscono le attivita' sanitarie di riabilitazione come quelle non transitorie, minimali o segmentarie che 'richiedono obbligatoriamente la presa in carico clinica globale della persona mediante la predisposizione di un progetto riabilitativo individuale e la sua realizzazione mediante uno o piu' programmi'".
Il ricorrente ha affermato che "il Commissario ad acta per l'emergenza sanitaria nella Regione Lazio e' intervenuto sulla materia, dettando una disciplina che comprime ingiustificatamente il diritto alla salute e i diritti del disabile sotto vari profili". Infatti, "illegittimamente il provvedimento impugnato prescrive che l'accesso al trattamento riabilitativo ambulatoriale avvenga 'tramite prescrizione del medico specialista di riferimento per la specifica disabilita', operante in struttura pubblica (ospedaliera o territoriale)'. In tal modo impone un inammissibile aggravamento procedimentale ed una compressione del diritto del cittadino alla salute, imponendo un'illegittima condizione per l'accesso alla prestazione sanitaria. Illegittimamente dunque e' attribuita alla struttura pubblica una potesta' autorizzatoria unilaterale". Infine, il ricorrente sottolinea che "illegittimamente il decreto impugnato sacrifica il diritto alla salute, costituzionalmente garantito, ad esigenze di bilancio. Fa infatti dipendere la durata dei progetti riabilitativi individuali (Pri) dall'anagrafe dei disabili (adulti o soggetti minori in eta' evolutiva) prescindendo del tutto dalla natura e dalla gravita' della patologia invalidante". Eppure il Collegio, se da un lato ha annullato il comma 2 del punto 5.1, dall'altro ha invece considerato legittima la parte del decreto che disciplina i tempi di durata del Pri perche' "contempera le indubbie esigenze di razionalizzazione della spesa sanitaria in una Regione, quale e' il Lazio, sottoposta al Piano di rientro, con le altrettanto primarie esigenze degli utenti del servizio sanitario erogato dalla stessa Regione direttamente a mezzo delle proprie strutture o avvalendosi di quelle private accreditate".
(Wel/ Dire)