(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 8 nov. - I minori rom, rispetto ai propri coetanei non rom, hanno 17 possibilita' in piu' di essere dichiarati adottabili. E' quanto dimostra una ricerca condotta dall'associazione 21 luglio tra le carte dei Tribunali per i minorenni italiani andando a ripescare dati dal 1985 ad oggi.
Dati contenuti nel report "Mia madre era rom" presentato questo pomeriggio a Roma. "Oggi, in Italia, i minori rom sembrerebbero essere protagonisti, spesso passivi, di un movimento unidirezionale dalle proprie famiglie rom verso altre non rom - spiega lo studio -, movimento avente origine nell'ambito della giustizia minorile". Molteplici le cause riportate tra le carte di tutti i casi presi in considerazione, ma tirando le somme, il fenomeno sembra essere nettamente sbilanciato.
"Esistono sul suolo nazionale italiano 29 Tribunali per i minorenni - spiega lo studio, citando la ricerca di Carlotta Saletti Salza "Dalla tutela al genocidio?" - e di questi, 7 (il Tribunale di Torino, di Firenze, di Napoli, di Bologna, di Venezia, di Trento e di Bari) dal 1985 al 2005 hanno dichiarato in stato di adottabilita' 258 minori rom. Questi bambini e adolescenti costituiscono il 2,6 per cento del totale dei minori dichiarati adottabili dai Tribunali menzionati. La percentuale e' rilevante in quanto la popolazione rom rappresenta circa lo 0,2 per cento di quella nazionale e dunque, in proporzione, i minori rom dichiarati adottabili, nel periodo esaminato, avrebbero dovuto essere non piu' di 13: un numero 17 volte inferiore a quello reale".
Alla base delle decisioni dei Tribunali, spesso l'indigenza o l'assenza di un abitazione. "Dall'analisi approfondita condotta sui registri in cui vengono trascritti i dati dei minori rom dichiarati adottabili - spiega il rapporto - e su alcuni fascicoli a questi riferiti risulta che talora l'adozione dei minori rom rappresenterebbe l'esito di storie familiari caratterizzate non da carenze genitoriali ma da inadeguatezza materiale, connotate da indigenza e precarieta' abitativa e condizionate dall'assenza di un intervento sociale strutturato ed efficiente". Preoccupa, invece, la ricorrente associazione "tra lo stato di abbandono del minore e l'essenza della cultura rom nell'ambito della cura dei figli - spiega la ricerca -. Accade che di fronte a situazioni di disagio puramente materiale, l'origine della situazione di rischio del minore sia imputata alla "cultura rom", concepita come univoca e ontologicamente pregiudizievole".
Allontanamento del minore che, secondo l'associazione 21 luglio, "rischia cosi' di sostituirsi all'intervento sociale, esonerando in qualche modo l'istituzione dalle sue responsabilita' in forza della rappresentazione secondo la quale i rom sono un gruppo "culturalmente" inadatto a crescere i bambini".
(Wel/ Dire)