(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 13 dic. - "Abbiamo indetto questa conferenza stampa perche' convinti che le autorita' congolesi possano compiere un gesto di umanita'. Questa lunga permanenza sta creando problemi di molti generi, ma soprattutto sta impedendo alla famiglie di tornare a casa coi figli e passare con loro un sereno Natale, come dovrebbe essere". Queste le prime parole di Cristina Nespoli, presidente di Enzo B onlus, uno degli enti autorizzati a occuparsi di adozioni internazionali che stamani, insieme a "I cinque pani" e AiBi (Associazione amici dei bambini) ha raccontato in conferenza stampa la situazione delle 24 famiglie italiane ancora bloccate nella Repubblica del Congo insieme ai loro neo-figli adottivi.
"Non riusciamo a comprendere chi e perche' ha bloccato tutto - ha affermato Maurizio Sanmartin, presidente de I cinque pani -.
Quello che chiediamo e' un intervento diplomatico di alto livello, e un maggiore interessamento delle istituzioni per questa situazione". Ha rafforzato il concetto Valentina Griffini, responsabile dell'area Africa e Asia di AiBi: "E' necessario un intervento comune, forte, per portare a casa queste famiglie. La questione del Natale non e' solo buonismo, e' davvero importante: ci sono anche tutte le famiglie che aspettano a casa di accogliere i nipotini. Abbiamo visto negli ultimi giorni - ha proseguito Griffino -, una politica molto attenta a vicende di cronaca come quella dei tifosi laziali, che hanno interessato le nostre autorita' con un impegno forte. Queste famiglie stanno facendo la cosa piu' bella che si possa fare. Se questo atto d'amore non richiama tutta l'attenzione pubblica e tutta la politica, io non so cosa possa far smuovere le istituzioni.
Questa storia deve interessarle tutte, perche' si sensibilizzino e si attivino".
Il Congo e le adozioni. La Repubblica del Congo, che non ha mai ratificato la Convenzione dell'Aia del 1993 sulle adozioni internazionali, nell'autunno scorso ha bloccato per un anno le adozioni internazionali, ma, in seguito alle rassicurazioni in merito ricevute dalla ministra Kyenge lo scorso 4 novembre durante la sua visita, le famiglie che si trovano a Kinshasa sono state regolarmente autorizzate a partire dalla Cai (Commissione adozioni internazionali) e il loro iter burocratico e' ufficialmente terminato: i bambini risultano a tutti gli effetti loro figli. Come i rappresentanti delle tre ong hanno ricordato, l'Italia e' sempre stata una "prima della classe" nell'ambito delle adozioni internazionali, ha sempre rispettato ogni regola e procedura, ma, come ha sottolineato Sanmartin, "l'essere considerati un esempio non ci sta aiutando". I tempi medi di permanenza nella Repubblica del Congo, quando si va per incontrare e portare a casa i propri figli, si aggirano intorno alle tre settimane. Le famiglie che fanno capo ad AiBi per ora non li hanno superati: si trovano li' appunto da tre settimane, mentre quelle de "I cinque pani" sono alla quinta, e quelle di Enzo B addirittura alla sesta. E' la prima volta che queste associazioni prendono parole pubblicamente su questa situazione: "Nessuno mette in discussione le decisioni di uno stato sovrano quale e' la Repubblica del Congo - ha dichiarato Cristina Nespoli -, certo e' che questa incertezza massima sta gettando nello sconforto decine di famiglie che stanno cedendo emotivamente, alcune con figli gia' presenti nel nucleo familiare che erano andati a incontrare i loro fratelli". Ha aggiunto Sanmarin: "Certo e' che bisogna tornare a un tavolo di confronto. Tre anni fa c'e' stato un meeting che finora aveva portato buoni frutti. Adesso bisogna dare una spinta in piu', perche' non si riesce a trovare il bandolo della matassa. Per questo ci siamo permessi di scrivere al papa: questa situazione sta rendendo un inferno un momento della vita che per una coppia adottiva e' estremamente importante: i primi giorni con i propri figli. La difficolta' delle condizioni viene amplificata dal fatto di non avere una prospettiva".
Il senatore Carlo Giovanardi era presente "per portare la mia solidarieta' alle famiglie e anche agli enti. Devo aggiungere che sento un clima sfavorevole alle adozioni internazionali, e la scarsa attenzione deriva dal fatto che qualcuno non ci crede.
C'e' anche un dato economico: fino a qualche anno fa veniva risarcito il 50% delle spese sostenute per le adozioni a distanza, ora no. Diamo 50 milioni di euro l'anno ai canili e non a chi adotta i bambini", ha concluso polemicamente.
L'eccezione. In questa intricata vicenda c'e' anche un piccolo mistero: le famiglie bloccate coi figli a Kinshasa erano 26.
Adesso sono 24: a quanto pare, due famiglie afferenti a un quarto ente autorizzto, il Naaa (Network aiuto, assistenza, accoglienza, ndr) sono riuscite a rientrare in Italia coi loro bambini, anche se le associazioni presenti stamani non hanno idea di come ci siano riuscite, e si augurano che non siano state commesse irregolarita' che potrebbero creare rappresaglie diplomatiche a danno delle 24 rimaste.
(Fonte: Redattore Sociale) (Wel/ Dire)