(DIRE - Notiziario minori) Roma, 25 set. - Quasi 2 donne su 3 senza lavoro se ci sono 2 figli, 800 mila le interruzioni di lavoro forzate in 2 anni, inattivo il 36,4% delle donne dai 25 ai 34 anni. Pesanti ricadute sui figli con il 22,6% dei minori a rischio poverta', 28,5% per i figli di mamme sole che insieme a quelle di origine straniera e alle giovani donne sono tra le categorie piu' colpite dalla crisi. Ecco le "Mamme nella crisi" di Save the children. Numeri contenuti in un dossier presentato davanti al ministro Elsa Fornero e alla vice-presidente del Senato, Emma Bonino.
Gli effetti della crisi colpiscono le mamme in modo sempre piu' grave, evidenziando, in Italia, un circolo vizioso che lega il basso tasso di occupazione femminile, l'assenza di servizi di cura all'infanzia, le scarne misure di conciliazione tra famiglia e lavoro e la bassa natalita', con una pesante ricaduta sul benessere dei bambini. La difficile condizione delle madri nel nostro Paese e' infatti uno dei fattori chiave che determinano una maggiore incidenza della poverta' sui bambini e sugli adolescenti. Sebbene meno visibile di quello dei tassi finanziari internazionali, lo spread relativo al rischio di poverta' tra minori e adulti in Italia e' infatti pari all'8,2%, con il 22,6% dei minori a rischio poverta' contro il 14,4% degli over diciotto. LE MAMME E IL LAVORO - Se la crisi in corso rappresenta per tutti una strada in salita, lo e' ancor di piu' per le mamme proprio a partire dall'occupazione, che nel 2010 si attesta al 50,6% per le donne senza figli - ben al di sotto della media europea pari al 62,1% - ma scende al 45,5% gia' al primo figlio (sotto i 15 anni) per perdere quasi 10 punti (35,9%) se i figli sono 2 e toccare quota 31,3% nel caso di 3 o piu' figli. Nel solo periodo tra il 2008 e il 2009 ben 800.000 mamme hanno dichiarato di essere state licenziate o di aver subito pressioni in tal senso in occasione o a seguito di una gravidanza, anche grazie all'odioso meccanismo delle "dimissioni in bianco". Le interruzioni del lavoro alla nascita di un figlio per costrizione, che erano il 2% nel 2003, sono quadruplicate nel 2009 diventando l'8,7% del totale delle interruzioni di lavoro. E se la crisi ha confermato il triste record italiano sui tassi di inattivita', questo vale soprattutto per la componente femminile, in particolare per quella nella fascia piu' giovane e in piena eta' feconda (25-34 anni), che ha riguardato il 35,6% delle donne nel 2010 e il 36,4% nel 2011.
Anche quando il lavoro c'e', la sua qualita', nel caso delle donne, registra un peggioramento: nel 2010 e' diminuita l'occupazione qualificata, tecnica e operaia, in favore di quella a bassa specializzazione, dalle collaboratrici domestiche alle addette ai call center. Dal punto di vista dell'orario di lavoro, l'incremento fatto registrare negli ultimi anni dal lavoro part-time deve essere letto attentamente, in tempo di crisi, soprattutto per le madri lavoratrici, visto che e' dovuto quasi esclusivamente all'aumento del part-time involontario, non scelto cioe' come opzione ma accettato per la mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno, con una percentuale nel 2010 del 45,9% sul totale dell'occupazione a tempo ridotto, quasi il doppio della media UE27 (23,8%). Tra le categorie piu' vulnerabili di fronte agli effetti della crisi ci sono le mamme di origine straniera, per le quali gia' all'arrivo del primo figlio si registra un aumento significativo dell'indice di deprivazione materiale dal 32,1% al 37% contro il 13,3% e il 14,9% delle madri italiane, e le mamme sole, i cui figli sono i piu' esposti al rischio di poverta' con una percentuale del 28,5% contro il gia' gravoso 22,8% della media dei minori in Italia. Ma l'orizzonte e' scuro anche per le giovani donne che, nel caso in cui non abbiano conseguito la laurea e siano in possesso del solo diploma, fanno i conti con un tasso di occupazione ben inferiore a quello dei coetanei di sesso maschile: 37,2% contro il 50,8%. Se buona parte poi dell'andamento dell'occupazione giovanile in questi ultimi 3 anni si deve alla crescita della componente atipica e ai lavoratori a tempo determinato, questo e' vero soprattutto per le giovani donne. Una situazione, questa, che pesa sulle chance di rendersi autonome dalla famiglia di origine e di realizzare il desiderio di diventare madri. Dei 3 milioni e 855mila donne fra i 18 e i 29 anni, il 71,4% vive infatti con i genitori. E dal 2009 si e' interrotto in Italia il trend di aumento dei tassi di fecondita' che si registrava dal 1995. Nonostante il contributo demografico delle donne di origine straniera, la nascite annue tra il 2008 e il 2010 sono calate di 15.000 unita'.
I SERVIZI DI CURA ALL'INFANZIA - Oltre alle difficolta' di ingresso nel mondo del lavoro e di mantenimento dell'occupazione, che rappresentano una reale barriera da superare per le donne, a queste si sommano i problemi legati alla mancanza di reti di cura adeguate in un Paese, l'Italia, che in Europa e' tra le nazioni che meno investono sui servizi per le famiglie e i bambini. Nel 2009, la spesa per la protezione sociale per famiglie e minori raggiungeva appena l'1,4% del Pil, rispetto ad una media europea del 2,3%, con la conseguenza di una forte carenza di servizi per la prima infanzia che sono fondamentali non solo per la conciliazione dei tempi familiari e di lavoro delle mamme, ma per la stesso sviluppo educativo e relazionale dei piu' piccoli. In Italia, infatti, solo il 13,5% dei bambini fino a 3 anni viene preso in carico dai servizi, una percentuale lontanissima dall'obiettivo europeo del 33%, con una forte penalizzazione del sud, dove sono meno di 3 su 100 (2,4%) i bambini che accedono ai servizi in Campania, dieci volte in meno di quelli che ne beneficiano invece in una regione come l'Emilia Romagna (29,5%). Se i servizi di cura sono ampiamente insufficienti per favorire inserimento e permanenza della mamme nel circuito del lavoro, il coinvolgimento degli uomini nelle attivita' di cura parentale lascia decisamente a desiderare. Basta pensare al fatto che il lavoro familiare impegna le giovani donne 5 ore e 47 minuti al giorno, contro 1 ora e 53 minuti dei loro coetanei maschi. Allo stesso tempo, tra i fruitori dei congedi parentali (introdotti con la legge 53 del 2000) nel 2010 solo il 6,9% sono padri.
'Assistiamo a un progressivo deterioramento della qualita' e della quantita' del lavoro femminile. La crisi aggrava il carico delle donne, che non solo devono fare quadrare i bilanci familiari in totale assenza di servizi di assistenza e cura, ma anche provvedere agli acquisti per l'igiene nelle scuole dei propri figli. La scarsita' di risorse imporrebbe la concentrazione di quelle esistenti per potenziare i servizi alla persona, evitandone la dispersione in infiniti capitoli di bilancio', ha dichiarato Emma Bonino, vicepresidente del Senato e presidente onoraria di Pari o Dispare (Ami/ Dire)