ADOZIONI, 'DIRITTO DEI BAMBINI SOLI E SENZA FAMIGLIA, NON DEGLI ADULTI'
CRITICHE DI CNCA, ANFAA, BATYA E CIAI A 'MANIFESTO' DELL'AIBI.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 23 ott. - L'Aibi ha presentato nei mesi scorsi un Manifesto per una nuova legge dell'Adozione internazionale. In estrema sintesi, nel documento - tra le tante cose - l'associazione chiedeva una minore burocrazia, maggiori incentivi, chiedeva di riconoscere l'istituto islamico della "kafala" come affidamento preadottivo per permettere ai minori orfani originari di paesi con legge coranica, dove non viene pronunciata l'adozione, di diventare figli legittimi; di promuovere soggiorni a scopo adottivo; di introdurre l'istituto dell'affidamento internazionale, di consentire l'adozione del nascituro durante la gestazione. Cnca, Anfaa, Batya e Ciai hanno, a loro volta, predisposto delle osservazioni critiche e delle proposte in merito a tale documento.
Le 4 associazioni ribadiscono che l'adozione internazionale non e' in crisi: "Nel 2011, in Italia- ricordano- sono stati adottati 4.022 bambini stranieri: si registra quindi una leggerissima flessione rispetto al 2010, anno in cui, con 4.130 adozioni internazionali, l'Italia addirittura si e' attestata al secondo posto nel mondo per numero di adozioni internazionali realizzate! Si registra solo una lieve diminuzione delle coppie disponibili all'adozione - nel 2008 erano 6.147, a fronte delle 5.697 del 2010 - mentre e' significativo il calo (di oltre il 30%) delle dichiarazione di idoneita' pronunciate nel 2010.
Questo calo - sottolineano le associazioni - non deve essere a nostro avviso valutato come dato negativo ma va piuttosto considerato un segnale di maggior scrupolo da parte dei Tribunali per i minorenni (e delle Corti di Appello) nella valutazione degli aspiranti genitori adottivi in relazione alle condizioni sempre piu' complesse dei minori adottabili".
Non solo. Secondo le associazioni, "le stime addotte dall'Ai.Bi. circa il numero dei bambini abbandonati, e quindi adottabili (145 milioni nel 2004 e 168 milioni nel 2009), fanno riferimento a quanto riportato nei rapporti di Usaid e Unicef, che peraltro si riferiscono ai bambini vulnerabili, orfani di uno o entrambi i genitori. E' arbitrario affermare che un bambino orfano, solo in quanto orfano di entrambi i genitori o a maggior ragione di uno solo di essi, debba sempre essere considerato un bambino 'abbandonato' e quindi in stato di adottabilita'. Questi erronei e superficiali messaggi minano la cultura stessa della residualita' e sussidiarieta' dell'adozione internazionale" Per Cnca, Anfaa, Batya e Ciai, inoltre, "non servono piu' adozioni internazionali: serve un maggior rispetto della sussidiarieta' dell'adozione". E "non serve una maggior quantita' di famiglie, ma una miglior qualita' delle stesse!".
Il documento unitario chiede poi di sostenere le "adozioni difficili". E sulle nuove "accoglienze innovative" proposte da Ai.Bi. le associazioni esprimono un "fermo dissenso", in quanto: "La 'kafala' non puo' essere riconosciuta in Italia come affidamento pre-adottivo. Cosi' come osservato dal 5° Rapporto CRC, gia' citato, a proposito del rapporto tra kafala e adozioni internazionali, 'la kafala e' giuridicamente distinta dall'adozione e non rientra nel campo di applicazione della Convenzione de L'Aja del 1993 sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, quindi le garanzie ivi previste per l'adozione dei minori stranieri non sono ad essa applicabili".
Inoltre, "non si ravvisa assolutamente la necessita' e l'opportunita' di introdurre l'affido internazionale, istituto foriero di abusi, poiche' non ben definito: occorre, piuttosto, promuovere e rafforzare l'affidamento nazionale. E' necessario, inoltre, regolamentare i cosiddetti 'soggiorni climatici' o 'solidaristici', prevedendo la selezione e il controllo delle famiglie ospitanti" "Del tutto inaccettabile", infine, le associazioni definiscono l'introduzione, sotto qualsiasi forma, di una pre-adozione del nascituro durante la gestazione, "la quale e' espressamente vietata anche dalla Convenzione de L'Aja, che - agli artt. 4, lett.c ) n. 4 e 29 - non permette alcun contatto tra i futuri genitori adottivi e i genitori biologici prima che sia stata accertata la condizione di adottabilita' del minore. Nel superiore interesse del bambino, soltanto dopo la sua nascita puo' dunque essere consentito alla partoriente di decidere se riconoscerlo o no, e giustamente la legge italiana non attribuisce ai genitori il diritto (che, di fatto, puo' molto facilmente trasformarsi in arbitrio) di cedere ad altri il proprio nato".
"Peraltro le partorienti in difficolta'- concludono le associazioni- devono avere la possibilita' di essere seguite dai servizi sia per quanto riguarda le loro esigenze sanitarie, sia in merito agli approfondimenti occorrenti affinche' la decisione relativa al riconoscimento o meno sia assunta in assoluta liberta' e con la massima consapevolezza possibile, senza essere viziata da condizionamenti di sorta. Inoltre e' evidente che l'adozione 'in pancia' favorirebbe il traffico di neonati: come gia' e' stato piu' volte segnalato dai mezzi di informazione, bande criminali utilizzano partorienti in difficolta' per realizzare lauti guadagni con quanti vogliono un figlio a tutti i costi".
(Wel/ Dire)
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