(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 12 ott. - Dalle immagini sui fatti di Padova viene "un senso di disagio e un moto di sdegno" ma l'intervento della polizia veniva dalla "necessita' di dare assistenza agli operatori sociali per dare esecutivita' a un provvedimento giudiziario per tutelare il minore". Lo dice Carlo De Stefano, sottosegretario al ministero dell'Interno, riferendo nell'aula della Camera sul bimbo di Padova trascinato dalla polizia fuori dalla scuola.
E' gia' stata "disposta una inchiesta interna" comunque il comportamento della polizia "non e' sembrato adeguato rispetto a un contesto difficile e ostile". La scena "del trascinamento" del bimbo impone che "vengano espresse le scuse del governo". De Stefano ha poi proseguito: "Senza attenuare le responsabilita' di chi e' intervenuto, tutte le attivita'" che riguardano questi casi "possono presentare aspetti di particolare delicatezza con elementi di imponderabilita'". Per questo "ogni intervento del genere viene eseguito da polizia stato con personale specializzato". De Stefano ha ancora riferito che "il 10 ottobre il padre del bambino ha comunicato via mail all'ufficio minori di Padova" che era stato "rigettato il ricorso con cui la madre aveva chiesto una sospensiva dell'allontanamento" del bambino.
Il sottosegretario ha spiegato che poi "per valutare ed eseguire immediatamente l'intervento" e per evitare "che la madre, conosciuta la sentenza, come gia' avvenuto, prima di rendere impossibile l'esecuzione del provvedimento, l'assistente sociale dopo aver contattato il padre e lo psichiatra ha ritenuto di procedere all'esecuzione individuando nell'area antistante la scuola quale luogo idoneo per l'intervento, come ambiente neutro rispetto alla casa dove", in altri due casi precedenti, c'era stata "la resistenza del bambino supportato dai familiari, in particolare la zia e il nonno".
De Stefano spiega che per l'intervento "la questura di Padova ha impegnato anche un componente del gabinetto di polizia scientifica per documentarlo con un video".
I fatti. "Alle 12- prosegue il sottosegretario- il personale della polizia si e' recato con gli operatori, tra cui uno psicologo e il padre, presso la scuola.
Sulla base di un contatto telefonico con la direttrice dell'istituto si e' deciso di far uscire il minore dall'aula per prepararlo attraverso un colloquio con lo psichiatra". Il bambino, che deve aver capito quanto stava accadendo, "si e' rifiutato di uscire". Allora "si e' presa in considerazione l'ipotesi di allontanare dall'aula gli altri alunni" per effettuare il colloquio nell'aula. "Allontanati gli studenti- aggiunge- lo psichiatra e lo psicologo sono entrati in aula. Data la difficile situazione e la resistenza del minore, gli operatori sanitari chiedevano l'intervento del padre per prelevarlo e condurlo all'autovettura dei servizi sociali" e poi "per accompagnarlo nella comunita' di accoglienza".
Il padre, prosegue nel racconto il sottosegretario De Stefano, "e' riuscito con fatica a condurre il figlio fuori dell'aula, giunto nel corridoio la reazione del minore e' diventata energica sfociando in manifestazioni a carattere violento anche nei confronti del genitore e degli operatori".
Uscito dall'ingresso secondario, "il bambino invocava con urla l'intervento dei familiari della madre che giungevano muniti di telecamera, come gia' avvenuto in precedenti circostanze". Quindi, "due appartenenti alla polizia di stato cercavano di fronteggiare i familiari, mentre un terzo operatore cercava di aiutare il padre a condurre il figlio nell'auto".
Nonostante "la resistenza sempre piu' accesa dei familiari- osserva ancora-, gli operatori di polizia riuscivano ad allontanarli dall'autoveicolo consentendone la partenza. Ai familiari che continuavano a protestare contro gli operatori delle forze di polizia, chiedendo l'esibizione del provvedimento, un ispettore capo della Polizia di Stato ha replicato, con espressioni assolutamente non professionali, che il grado di parentela con il minore non giustificava la richiesta".
(Wel/ Dire)