(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 27 gen. - "Credo che immigrarsi
oggi sia un diritto, io non mi sento uno straniero ma parte del
mondo". Le parole di Aluk Amiri, uno dei cinque registi di
"Benvenuti in Italia", pronunciate alla fine dell'anteprima del
film che si e' svolta ieri sera a Roma, ben rappresentano lo
spirito che ha animato questo lavoro corale promosso
dall'Archivio delle memorie migranti. Da Venezia a Napoli, da
Roma a Milano passando per Portici, le cinque storie raccontate
sono l'immagine della condizione migrante in un paese che stenta
ancora ad offrire un reale sistema di accoglienza e integrazione.
Nel suo corto Aluk, giovane afgano giunto in Italia quando aveva
solo 15 anni, racconta la storia vera del suo alter ego Nasir,
che vive in una casa di accoglienza per minori non accompagnati
messa a disposizione dal comune di Venezia. "Ho vissuto la stessa
esperienza quando sono arrivato in Italia, e sono tanti i ragazzi
che ogni giorno si trovano a vivere una storia simile- racconta
il regista- Cosi' come sono tanti quelli che vengono rimpatriati.
A Patrasso, per esempio, so di ragazzi picchiati e rinchiusi. La
nostra e' una societa' che fa la guerra umanitaria ma poi da'
calci in faccia ai minori stranieri che invece dovrebbero avere
delle reali opportunita' e veder rispettati i propri diritti".
Hevi Dilara, rifugiata curda, racconta, invece, lo spaesamento di
una giovane coppia appena sbarcata nel centro di prima
accoglienza di Ercolano. "Quello che ho cercato di mettere in
luce e' il disagio che si trovano a vivere due persone in un
paese straniero, lontano dai propri cari e dalla propria cultura.
E' come stare in una gabbia, in un carcere a cielo aperto-
afferma la regista- .Quello che manca in questo paese e' un reale
sistema di accoglienza".
Tra le storie piu' toccanti quella filmata da Dagmawi Ymer
(gia' autore insieme ad Andrea Segre di "Come un uomo sulla
terra") che ha scelto di rievocare la storia di Mohamed Ba,
mediatore culturale e attore senegalese, accoltellato alla
fermata dell'autobus, da un ragazzo rimasto senza volto. Ba,
presente in sala, ha denunciato come questo vile gesto razzista
sia stato derubricato dalle forze dell'ordine come una "lite tra
stranieri". "Ho esaurito le mie energie per la costruzione di
ponti - afferma .- penso che stiamo ancora vivendo un periodo di
oscurantismo causato da quanti ci hanno preceduto". Un'altra
protagonista del film, la signora Margherita, punto di
riferimento della comunita' burkinabe', ha voluto assistere
all'anteprima. La sua storia e' stata raccontata da Hamed Dera,
che ha cercato di portare sullo schermo l'ambientazione della
pensione-ristorante (con piatti esclusivamente originari del
Burkina Faso) messa su da questa travolgente signora africana.
"Chez Margherita", pero', e' stata costretta a chiudere e la sua
proprietaria non ha perso occasione per denunciare di essere
stata abbandonata dagli italiani ma anche dai componenti della
sua comunita' che hanno perso un'occasione per fare rete. "Volevo
che fossimo solidali tra di noi, ma gli altri immigrati non hanno
capito il mio progetto - sottolinea - Siamo venuti qui per
cambiare la nostra condizione in meglio, ma non riusciamo a
metterci insieme. C'e' bisogno di un cambiamento e l'Italia deve
dare un buon esempio". Infine, Zakaria Mohamed Ali, giornalista
costretto lasciare Mogadiscio dopo l'omicidio del suo maestro di
giornalismo e di altri colleghi, ha dato voce ai sogni di gloria
di Dadir, campione di calcio nel suo paese, che oggi per
continuare a giocare fa la sponda tra Roma e Milano, spesso senza
neanche i soldi per il biglietto del treno. "So che nel mio paese
la situazione sta ancora peggiorando e sono preoccupato- spiega
Zacaria, emozionato nel tenere nuovamente un microfono in mano-
Queste storie racconta molto anche di noi stessi, perche' abbiamo
fatto piu' o meno lo stesso percorso".
(Wel/ Dire)