STUDIO TELETHON HA VALUTATO PATRIMONIO DI OLTRE 1000 PERSONE.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 10 apr. - Uno studio finanziato
da Telethon rimette in discussione le basi genetiche della
distrofia facio-scapolo-omerale, malattia caratterizzata da
debolezza muscolare progressiva che interessa in particolare i
muscoli della faccia, delle spalle, delle braccia e, in alcuni
casi, anche degli arti inferiori. Pubblicata sull'American
Journal of Human Genetics, la ricerca e' stata coordinata da
Rossella Tupler dell'Universita' di Modena e Reggio Emilia e ha
visto la partecipazione di tredici centri clinici di riferimento
per questa patologia, ancora priva di una terapia specifica. E'
quanto si legge in una nota di Telethon.
I meccanismi della malattia, che in genere comincia a
manifestarsi tra i 20 e i 30 anni, sono del tutto peculiari.
All'inizio degli anni novanta e' stato dimostrato come, in buona
parte dei pazienti, mancasse una porzione del cromosoma 4 (4q35),
che contiene una serie di ripetizioni di una precisa sequenza di
dna, ciascuna delle quali presenta una copia del gene dux4. Negli
anni successivi e' stato messo a punto un test per contare il
numero di queste ripetizioni e consentire cosi' la diagnosi anche
dal punto di vista genetico. Nel 2002 proprio Tupler
collaboratori, grazie a un finanziamento Telethon, ha dimostrato
che questa regione, ribattezzata d4z4, regola altri geni, come
una sorta di interruttore: gli scienziati hanno quindi ipotizzato
che la sua parziale perdita portasse a una mancata regolazione
dell'attivita' di geni importanti.
Nella scienza, pero', non sempre tutto procede in modo
lineare. Negli anni, analizzando il Dna dei pazienti, i
ricercatori hanno riscontrato che non tutti gli individui che
presentavano una perdita di D4Z4 manifestavano i sintomi della
malattia. Hanno quindi ipotizzato che l'insorgenza dei sintomi
dipendesse dalla compresenza di altre alterazioni, localizzate
anche in altre zone del genoma: sono state cosi' identificate una
serie di varianti genetiche corresponsabili. Nel 2010 e' stato
pubblicato uno studio che mostrava come particolari varianti
genetiche stimolassero l'espressione di dux4, un gene normalmente
spento. Sulla base di questi risultati si e' ipotizzato che
l'anomala attivazione di dux4 risultasse tossica per il muscolo,
portando cosi' alla malattia. Tuttavia rimanevano troppe
eccezioni per spiegare con un modello universale la
manifestazione dei sintomi della distrofia facio-scapolo-omerale:
esemplare in questo senso il caso di due gemelli omozigoti -
descritto proprio da Tupler nel 1998 sul Journal of medical
genetics - che pur condividendo l'intero patrimonio genetico
erano l'uno in carrozzina e l'altro completamente privo di
sintomi. Cosi' i ricercatori hanno voluto vederci chiaro.
"Abbiamo analizzato il dna di 253 pazienti presenti nel
Registro italiano per la distrofia facio-scapolo-omerale,
realizzato proprio con il contributo di Telethon, e lo abbiamo
messo a confronto con quello di oltre 800 individui sani di
origine italiana e brasiliana- spiega Tupler- Il risultato e'
stato sorprendente: in circa il 3% degli individui sani abbiamo
trovato una delezione di d4z4 e in un terzo di questi anche la
compresenza di quelle varianti corresponsabili. Questo significa
che quella che fino ad oggi abbiamo ritenuto essere la 'firma
genetica' della malattia non e' sufficiente a identificarla".
Basta pensare infatti che il 3% della popolazione normale
significa, nel nostro Paese, quasi 2 milioni di persone: i malati
censiti, pero', sono soltanto tremila.
"Il nostro studio, frutto del lavoro di oltre tre anni, non
vuole certo rinnegare quanto dimostrato finora, ma piuttosto
porre l'attenzione sulla necessita' di affinare la definizione
delle basi genetiche di questa malattia, che evidentemente non
sono ancora state chiarite del tutto. La diagnosi genetica ha
infatti ripercussioni importanti sulla vita dei pazienti e sulle
loro scelte future, cosi' come sulla valutazione della prognosi
da parte dei medici che li seguono: e' quindi fondamentale che
sia quanto piu' accurata e predittiva possibile. Non escludiamo,
inoltre, che alla luce di questi risultati alcune diagnosi
effettuate in passato vadano decisamente riviste". Questa la
conclusione di Tupler che, con lo studio proposto contribuisce,
grazie all'apporto di Telethon, a gettare nuova luce su una
patologia, la distrofia facio-scapolo-omerale, che nonostante la
rarita' incide non poco sul benessere dei pazienti e delle loro
famiglie.
(Wel/ Dire)