LA DOCENTE: LA PAROLA CHIAVE DOVREBBE ESSERE NORMALIZZAZIONE.
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 10 apr. - La tv italiana non e'
pronta ad affrontare il tabu' della diversita'. Lo dice Giovanna
Cosenza, docente di Semiotica all'Universita' di Bologna e
esperta di nuovi media e comunicazione. "Le pubblicita' che ci
vengono presentate a ripetizione ogni giorno seguono sempre i
soliti modelli idealizzati e idealizzanti, che non hanno niente a
che fare con la realta'- dice Cosenza- E' chiaro che la
pubblicita' ha una sua estetica, ed e' giusto che ce l'abbia, ma
non mi dispiacerebbe che la diversita' entrasse in gioco in tutte
le sue forme, dal colore della pelle a quello degli occhi, fino
alla disabilita', insomma che la parola d'ordine fosse
'normalizzazione'". Il caso, pero', secondo la docente e' quasi
tutto italiano, visto che all'estero da anni hanno imparato a
dare spazio alla diversita'. "Tuttavia, anche se la strada e'
ancora lunga e in salita - continua - alcuni esempi di buona
volonta' ci sono". Come gli spot con persone Down nella giornata
mondiale a loro dedicata. "Ma perche' farlo solo in quella
giornata?" si domanda Cosenza. Lo scorso 21 marzo, in occasione
della giornata mondiale sulla sindrome di Down, alcuni famosi
marchi italiani e non (Averna, CartaSi, Illy, Pampers, Carrefour,
Enel e Toyota) hanno mandato in onda le loro pubblicita' in una
versione alternativa, sostituendo cioe' ai protagonisti persone
con sindrome di Down, di tutte le eta'. L'iniziativa e' stata
promossa dal Coordinamento nazionale delle associazioni CoorDown,
in collaborazione con altri partner. "L'obiettivo di mostrare le
persone con sindrome di Down come tutti, a tal punto da poter
stare in uno spot o in un'affissione senza che si noti la
differenza mi sembra sia stato raggiunto - commenta Giovanna
Cosenza - Apprezzabile anche il fatto che gli attori per un
giorno siano stati truccati e abbelliti proprio come avviene per
qualsiasi altro attore, famoso o meno". Ma anche qui si poteva
fare di piu'. "Perche' confinare l'iniziativa solo a un giorno?
Anche con le migliori intenzioni, se si mette la diversita' sotto
un occhio di bue si rischia la ghettizzazione- dice Cosenza-
Ancora una volta la parola d'ordine e' normalizzazione".
Ma la tv e' il mezzo giusto per veicolare una buona
comunicazione su diversita' e disabilita'? "L'Italia e' un Paese
televisivo, e la tv e' ancora il mezzo trainante per raggiungere
le masse, quindi e' giusta la decisione di utilizzare questo
medium, ma anche in televisione bisogna proporre materiali seri e
ragionati, perche' i rischi di spettacolarizzazione e
strumentalizzazione sono sempre dietro l'angolo - conclude
Cosenza - Internet e' ancora troppo debole, soprattutto per
alcune fasce d'eta', e, ancor piu' della tv, bisogna saperlo
usare". (giulia maccaferri) (www.redattoresociale.it)
(Wel/ Dire)