STUDIO FRA 135 INSEGNANTI DI SCUOLE PRIMARIE E D'INFANZIA
(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 9 set. - Sui banchi delle scuole
italiane ci sono alunni di cui si parla poco. Sono i bambini con
disabilita' e allo stesso tempo "migranti": che siano nati in
Italia o siano arrivati nei primi anni di vita, si tratta di
alunni che vivono una doppia condizione di svantaggio e che
presentano problemi inediti per i loro insegnanti. A fare luce su
questa realta' e' la ricerca "Bambini con disabilita' provenienti
da contesti migratori", che indaga sulla condizione di 52 alunni
con ritardo mentale o disturbi dello spettro autistico nelle
scuole d'infanzia e primarie di Piacenza. Lo studio, frutto del
dottorato di ricerca di Caterina Martinazzoli presso
l'universita' cattolica del sacro cuore di Milano e realizzato
con la collaborazione dell'Ufficio scolastico provinciale di
Piacenza, viene presentato oggi nella citta' emiliana. Basata
sulle interviste condotte fra 135 insegnanti delle scuole
d'infanzia e primare, la ricerca restituisce il ritratto di una
scuola che sta provando ad affrontare la "doppia condizione" di
questi alunni, pur in un contesto difficile.
"Il primo ostacolo- spiega la dottoressa Caterina
Martinazzoli- e' riconoscere la disabilita' di questi bambini.
Per gli insegnanti non e' semplice comprendere se le difficolta'
di apprendimento siano legate allo svantaggio socio-culturale
dovuto alla migrazione o a una effettiva disabilita'". Sono pochi
i bambini la cui disabilita' e' stata gia' certificata nel paese
d'origine, e a volte e' la stessa famiglia a non accettare la
condizione del figlio. In alcuni dei casi riportati nella ricerca
(che sono pero' filtrati dal pensiero degli insegnanti
intervistati), i genitori negano o nascondono la disabilita' del
figlio, considerandola a volte con vergogna. "Tuttavia e' emersa
una grande varieta' di situazioni, anche tra famiglie che
provengono dallo stesso paese", precisa Martinazzoli.
Una volta accertata la disabilita', pero', la maggior parte
dei genitori accetta il progetto educativo e di sostegno messo a
punto dagli insegnanti. "In molti casi i genitori collaborano
oppure si affidano completamente alla scuola, anche a livello
burocratico. Difficilmente mettono i bastoni tra le ruote agli
insegnanti, al limite si comportano in maniera indifferente
rispetto al problema- prosegue Martinazzoli- La scoperta della
disabilita' del figlio puo' anche spingere i genitori a cambiare
il proprio progetto migratorio: e' il caso di una famiglia
rumena, che ha rinunciato a tornare nel paese d'origine per il
bene del bambino".
Sulle modalita' in cui affrontare la doppia condizione di
disabile e migrante, tuttavia, mancano indicazioni precise. A
partire dalla questione del bilinguismo: per un bambino con un
ritardo mentale apprendere due lingue e' un ostacolo troppo
difficile da superare o una risorsa in piu'? "Anche gli studiosi
su questo hanno opinioni discordanti- spiega Martinazzoli- il
punto e' che la lingua d'origine serve a esprimere l'affettivita'
e le emozioni, a comunicare in famiglia, e quindi e' molto
importante per questi bambini. Allo stesso tempo l'italiano e' la
lingua che permette di vivere e inserirsi nella societa'". Il
problema viene affrontato in maniera diversa dai singoli
insegnanti, che si trovano infine a "inventarsi" delle soluzioni.
"Alcuni hanno imparato qualche parola della lingua d'origine
per comunicare meglio con i bambini", spiega la ricercatrice,
"altri preferirebbero che l'alunno parlasse solo l'italiano".
Secondo la ricerca, in generale si tende a considerare questi
alunni principalmente come bambini con disabilita', mentre il
contesto migratorio rimane in secondo piano. La scuola tuttavia
prova ad affrontare i particolari problemi presentati da questi
alunni, "ma al momento tutto e' affidato all'iniziativa dei
singoli insegnanti- prosegue Martinazzoli- Non ci sono ne'
strumenti didattici specifici pensati per questi bambini, ne'
figure 'su misura' per loro. In piu' la scuola vive un momento di
grossa difficolta'". Le risorse necessarie sono indacate dagli
stessi insegnanti intervistati: piu' ore di sostegno, maggiore
presenza dei mediatori culturali, ma anche semplificazioni
burocratiche sulla diagnosi e sulla certificazione di
disabilita'. (ps) (www.redattoresociale.it)
(Wel/ Dire)