(DIRE - Notiziario Minori) Roma, 25 ott. - S.T., 26enne nato in
Pakistan, vorrebbe fare il servizio civile. Ma non puo', perche'
e' riservato solo agli italiani. Eppure un po' italiano si sente,
visto che e' arrivato nel Belpaese 15 anni fa, qui si e'
diplomato e ora frequenta l'universita'. Ha deciso pertanto di
non arrendersi e ha presentato al Tribunale di Milano un ricorso
per discriminazione contro la Presidenza del Consiglio dei
ministri, da cui dipende l'Ufficio nazionale per il servizio
civile. Con lui si sono schierati la Camera del Lavoro e la Cisl
di Milano, Asgi e Avvocati per niente. Il ricorso e' stato
presentato il 20 ottobre dagli avvocati Alberto Guariso, Livio
Neri e Daniela Consoli.
Nel mirino dei tre avvocati c'e' il bando del 20 settembre 2011
per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di
servizio civile in Italia e all'estero, che all'articolo 3
prevede come primo requisito per i candidati quello di essere
cittadini italiani. Secondo i legali e' un requisito
discriminatorio e anacronistico perche' ora il servizio civile
non e' piu' legato all'obiezione di coscienza quando la leva
militare (fino al 2005) era obbligatoria. Oggi il servizio civile
"viene svolto su base esclusivamente volontaria -scrivono i
legali nel ricorso-, e rappresenta un'autonoma, libera modalita'
di contribuire alla tutela dei diritti della persona,
all'educazione alla pace dei popoli, alla solidarieta' e
cooperazione a livello nazionale ed internazionale e si e' dunque
affrancato definitivamente tanto dall'obiezione di coscienza
quanto dal servizio militare".
Per sostenere che il bando per il servizio civile e'
discriminatorio, i legali partono dall'articolo 2 della
Costituzione: "La Repubblica (...) richiede l'adempimento dei
doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e
sociale". "L'articolo 2 della Costituzione, escludendo qualsiasi
riferimento allo status di cittadino -sostengono Alberto Guariso
e Livio Neri- si rivolge evidentemente alla piu' ampia schiera
dei consociati, chiamati tutti a concorrere solidalmente al
benessere della collettivita' che vive sul territorio nazionale e
della quale essi fanno parte". E citano i casi dell'Emilia
Romagna e della Toscana, che hanno istituito un servizio civile
regionale aperto anche agli stranieri. Pertanto "una volta
ricondotto il servizio civile nell'ambito del dovere di
solidarieta' -aggiungono i due avvocati-, che certamente vincola
i consociati e non i cittadini, cade immediatamente il motivo
primario a favore della tesi della esclusione degli stranieri".
L'esclusione dei giovani stranieri dal servizio civile
costituisce una "disparita' di trattamento del tutto priva di
giustificazione".Si tratta infatti di "giovani di seconda
generazione o comunque lungo-residenti in Italia (come nel caso
del ricorrente) che, confinati nella condizione di "stranieri" da
una risalente legge sulla cittadinanza, aspirano ad un pieno
inserimento nella societa' italiana -si legge sempre nel ricorso-
e cionondimeno sono esclusi da una forma di partecipazione alla
vita collettiva che va ormai assumendo una dimensione
significativa (si tratta ogni anno di 10.000/20.000 giovani
l'anno, o anche piu', a seconda delle disponibilita'
finanziarie)".
Gli avvocati di S.T. chiedono al Giudice la riapertura del bando
o di ricorrere alla Corte Costituzionale "affinche' venga
valutato in quella sede il contrasto tra detta esclusione e gli
artt. 2 e 3 della Costituzione". E c'e' un precedente che
potrebbe aprire le porte del servizio civile agli stranieri. Nel
1999 la Corte Costituzionale ha stabilito che il servizio
militare era un obbligo anche per gli apolidi. I tempi sono
cambiati, ma un dovere di concorrere al bene della societa'
rimane per tutti. Motivo in piu' per permettere oggi a un giovane
pakistano di dare volontariamente il proprio contributo al Paese
in cui vive.
(Pic/ Dire)